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EUCD in Italia: lo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva


30 dicembre 2002

Introduzione

Nei mesi scorsi ha destato notevole clamore la notizia di un prossimo rincaro ai prezzi dei supporti di memorizzazione (come i CD-R e CD-RW) dovuti all’aumento delle tasse destinate alla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE). Tali rincari sono previsti dalla bozza di un nuovo decreto legislativo che, grazie ad una delega ottenuta dal Governo, dovrebbe giungere entro breve tempo ad una forma definitiva ed esecutiva, senza dibattito parlamentare.

Questa notizia è stata diffusa dalla rivista AFDigitale, che nel suo sito ospita un editoriale ed una petizione on-line destinati ad ostacolare l’entrata in vigore del decreto, almeno nella sua forma attuale.

Per quanto i rincari previsti siano estremamente alti e ben difficilmente giustificabili, il decreto legislativo in questione nasconde altri e ben più gravi pericoli che, fino ad ora, hanno ricevuto una attenzione decisamente minore. Esso si basa su una delega che consente al Governo di legiferare sul recepimento di diverse direttive europee: la legge delega 39 del marzo 2002 (se ne può trovare una analisi non certo entusiastica su InterLex, in [1], [2] e [3]).

In particolare, lo schema di decreto legislativo in esame è stato creato per il recepimento della direttiva europea 2001/29/CE — la famigerata EUCD (European Union Copyright Directive). Questa direttiva prevede diverse innovazioni nella legislazione sulla tutela del diritto d’autore, ed introduce delle norme destinate all’aumento dei mezzi legali e delle prerogative garantite ad autori ed editori. Purtroppo tutte queste innovazioni rappresentano anche un danno per i diritti e le libertà fondamentali di utenti, ricercatori, sviluppatori di software — in particolare di software libero: l’EUCD incarna infatti le stesse norme e gli stessi principi del DMCA, la legge statunitense molte volte utilizzata come strumento di censura e di limitazione alle libertà di ricerca ed espressione.

Qui di seguito sono esposti vari commenti ed osservazioni sulla bozza del decreto legislativo italiano. Tutti i problemi citati di seguito derivano ovviamente dall’EUCD, e la loro vera soluzione sarebbe un suo rifiuto della direttiva — cosa estremamente difficile, visti i tempi e visto che essa è stata già approvata; verranno quindi proposte alcune modifiche che potrebbero rendere il decreto legislativo italiano meno pericoloso, pur mantenendo una compatibilità con la direttiva europea.

I problemi dell’EUCD (condivisi dalla legge italiana che lo recepisce) sono affrontati in un documento che analizza la direttiva, che sarà utilizzato come riferimento per approfondire gli aspetti più importanti.

1 Divieto di decompilazione e reverse-engineering

Come previsto dai trattati della World Intellectual Property Organization (WIPO) (articolo 11) e dall’EUCD (articolo 6) [5], lo schema di decreto legislativo italiano prevede una tutela legale per le “efficaci misure tecnologiche” che proteggono i materiali coperti da diritto d’autore. Come “misure tecnologiche” si intendono i sistemi hardware/software che regolano l’accesso e la copia delle opere, e di fatto restringono il loro utilizzo. Per tali sistemi di protezione, lo schema di decreto legislativo stabilisce il divieto di aggiramento:

Art. 23

1
Dopo il titolo II- bis della legge 22 aprile 1941, n. 663 è inserito il seguente:

“Titolo II-ter

Misure tecnologiche di protezione. Informazioni sul regime dei diritti

Art. 102-quater

1
I titolari di diritti d’autore e di diritti connessi nonché del diritto di cui all’art. 102-bis comma 3 possono apporre sulle opere o sui materiali protetti misure tecnologiche di | protezione efficaci che comprendono tutte le tecnologie, i dispositivi o i componenti che, nel normale corso del loro funzionamento, sono destinati a impedire o limitare atti non autorizzati dai titolari dei diritti.
2
Le misure tecnologiche di protezione sono considerate efficaci nel caso in cui l’uso dell’opera o del materiale protetto sia controllato dai titolari tramite l’applicazione di un dispositivo di accesso o di un procedimento di protezione, quale la cifratura, la distorsione o qualsiasi altra trasformazione dell’opera o del materiale protetto, ovvero sia limitato mediante un meccanismo di controllo delle copie che realizzi l’obiettivo di protezione.
3
Sono vietati gli atti finalizzati all’elusione o alla rimozione delle misure tecnologiche di protezione che diano luogo ad un utilizzo abusivo di opere dell’ingegno o di materiali protetti.
4
Resta salva l’applicazione delle disposizioni relative ai programmi per elaboratore di cui al capo IV sezione VI del titolo I.
. . .

Occorre osservare che, in questo ambito, la legge italiana si dimostra leggermente diversa rispetto all’EUCD.

La direttiva europea prevede infatti sanzioni contro «l’elusione di efficaci misure tecnologiche» in generale (art. 6 par. 1) [5], anche in assenza di reali violazioni al diritto d’autore (quali la distribuzione illecita del materiali ottenuti tramite una “elusione”). Questo divieto è molto vasto, e si scontra direttamente con la possibilità di poter svolgere ricerche sulla crittografia e la sicurezza informatica (due materie scientifiche necessariamente basate sull’elusione [8]).

Inoltre, il “divieto di aggiramento” dell’EUCD colpisce la possibilità di poter studiare e modificare il funzionamento dei programmi posseduti — una pratica indicata con i termini decompilazione e reverse-engineering, fondamentale per la creazione di nuovi programmi in grado di gestire gli stessi dati e in grado di interoperare con altre applicazioni proprietarie. Secondo quanto stabilito dall’EUCD, se una applicazione implementa delle “misure tecnologiche” (per esempio, se un lettore di e-book limita l’accesso alle opere) diventa illecito creare un nuovo programma che gestisca gli stessi dati: tale programma sarebbe un “aggiramento”, dato che permetterebbe l’accesso alle opere senza il filtro delle “misure tecnologiche” presenti nel software “originario”. Questo porta direttamente alla creazione di monopoli sui formati di trasmissione e memorizzazione dei dati: solo la software house che sviluppa un certo formato sarebbe legalmente autorizzata a creare programmi in grado di gestirlo [7]. Gli utenti che utilizzino tale formato sarebbero quindi completamente dipendenti da essa, nonostante una direttiva europea (la 91/250/CEE) garantisca il diritto al reverse-engineering proprio per evitare tale situazione [6].

La forma dello schema di decreto legislativo italiano è fortunatamente meno vaga, dato che rende illegali solo gli “aggiramenti” che effettivamente “danno luogo” ad utilizzi abusivi delle opere. Il paragrafo 4 della bozza di decreto legislativo italiano (citato sopra) dichiara inoltre che il diritto di reverse-engineering e decompilazione del software (capo IV sez. VI titoli I della legge 663 del 1941) è ancora completamente valido.

1.1 I problemi ed i pericoli

Tuttavia, nonostante questi aspetti positivi, lo schema di decreto legislativo non assicura la possibilità di poter creare software interoperante: non è infatti chiaro che cosa si intenda con “dare luogo” ad “utilizzi abusivi delle opere”. Con la forma attuale della legge italiana, i nuovi programmi in grado di accedere a dati “protetti” dovranno necessariamente imporre agli utenti le stesse restrizioni d’accesso delle applicazioni “originarie”. Se questo non avvenisse, l’autore potrebbe essere accusato di aver “dato luogo” ad un uso abusivo delle opere: basterebbe che qualcun altro utilizzi il suo programma per compiere delle violazioni al diritto d’autore, o che qualcuno dimostri la possibilità di tale evenienza, per far rischiare all’autore delle sanzioni penali (tre anni di carcere). Il software interoperante che offre una minima flessibilità rispetto a quello “originario” potrebbe essere quindi dichiarato illegale: anche in Italia diventerebbero possibili dei casi simili a quelli causati dal DMCA —- come il “caso Sklyarov” [12], con un programmatore incarcerato per aver permesso agli utenti di utilizzare i propri dati (per esempio, gli e-book posseduti) in modi non previsti da una certa azienda.

Questo rischio per gli sviluppatori di software lascia ampio spazio alle minacce legali da parte dei colossi del settore informatico. Gli sviluppatori indipendenti potrebbero essere dissuasi dal creare nuove applicazioni interoperanti. Gli utenti, inoltre, sarebbero costretti ad usufruire delle opere in formato digitale, o dei formati per memorizzare i propri stessi dati, solamente secondo certe condizioni prestabilite, o usando solamente certi programmi “autorizzati”.

Inoltre, nel caso particolare del software libero interoperante la distribuzione di sorgenti liberamente modificabili dagli utenti potrebbe essere considerata un incoraggiamento all’elusione (si veda più avanti), e quindi potrebbe essere dichiarata illegale: la libertà di modifica potrebbe infatti consentire agli utenti di accedere a dati in modi non consentiti dal detentore dei diritti o dal creatore del formato “protetto”.

Insomma, l’attuale forma della legge è estremamente pericolosa. Resta la possibilità (anzi, la certezza) che questa legge impedisca l’interoperabilità, e porti direttamente al monopolio legale sui formati dei file — con evidente danno per il software interoperante (specie se libero) e per la possibilità che gli utenti possano scegliere quali programmi utilizzare per gestire i propri dati [7].

1.2 Come intervenire?

Per mantenere una minima compatibilità con l’EUCD, ed evitare restrizioni alla libertà di produrre software interoperante, la legge italiana dovrebbe vietare l’elusione delle misure tecnologiche solo nei casi in cui essa è usata come strumento per poter compiere effettive violazioni del diritto d’autore. In questo modo l’elusione in quanto tale e le attività attualmente lecite ad essa collegate non sarebbero punibili — ma chi realmente viola il diritto d’autore attraverso una elusione di “misure tecnologiche” sarebbe accusato di un nuovo reato (l’“elusione” stessa), con un inasprimento delle pene.

2 I pericoli per la libertà di ricerca e di espressione

Come richiesto dall’EUCD (art. 6 par. 2) [8], oltre ad impedire l’aggiramento di “misure tecnologiche” la legge italiana punisce l’offerta di servizi o strumenti in grado di agevolarle questa pratica:

Art. 26

. . .
2
Al comma 1 dell’art. 171-ter della legge 633/1941, dopo la lettera f) sono inserite le seguenti:

“g) fabbrica, importa, distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o il noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l’uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all’art. 102-quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l’elusione di predette misure. Fra le misure tecnologiche sono comprese quelle applicate, o che residuano, a seguito della rimozione delle misure medesime conseguentemente a iniziativa volontaria dei titolari dei diritti o ad accordi tra questi ultimi e i beneficiari di eccezioni ovvero a seguito di esecuzione di provvedimenti dell’autorità amministrativa o giurisdizionale;”

Con questa norma diventa illegale non solo la produzione di strumenti che possano aggirare le “misure tecnologiche”, ma anche la diffusione di informazioni in grado di agevolare tale operazione: l’offerta di informazioni, infatti, va necessariamente considerata un “servizio”.

2.1 I problemi ed i pericoli

Questo significa che diventa illegale distribuire software che permetta di usare i materiali protetti con un minimo di flessibilità (si pensi al già citato caso Sklyarov [12]), e che la ricerca su crittografia e sicurezza informatica sono rese illecite: tali materie di studio sono necessariamente basate sull’elusione, ed il libero scambio di informazioni e lo sviluppo di nuove tecniche è per loro vitale [9]. Con la forma attuale del decreto legislativo, delle semplici discussioni tecniche su una mailing list o su un newsgroup potrebbero essere considerate delle “facilitazioni all’elusione”, e potrebbero essere bloccate o punite con sanzioni penali.

Seguendo la linea dell’EUCD, lo schema di decreto legislativo prevede che informazioni potenzialmente utilizzabili per fini ritenuti illeciti vengano censurate. Questo è apertamente in contrasto con i più elementari diritti civili: tutte le informazioni sono infatti potenzialmente utilizzabili per fini illeciti, ma non per questo ne viene proibita la diffusione. Oltre ad ostacolare lo sviluppo di software e la ricerca su crittografia e sicurezza informatica, tale censura finirà per avere effetti negativi anche sulla più basilare libertà di espressione: per esempio, diventerà pericoloso criticare la condotta di una software house parlando delle falle (bug) del software prodotto, dato che tali informazioni potrebbero essere considerate delle “facilitazioni” all’elusione di “misure tecnologiche”.

Inoltre, la mancanza di informazioni di questo tipo finirà per danneggiare l’intero panorama informatico: anziché spingere al miglioramento del software ed alla correzione dei bug (come accade attualmente), le informazioni sui problemi di sicurezza verrebbero trattate solamente in modo clandestino, e probabilmente per fini tutt’altro che leciti. Gli utenti, d’altra parte, potrebbero restare completamente all’oscuro dei problemi del software utilizzato.

Occorre inoltre fare alcune osservazioni sul divieto all’offerta di “servizi” che possano agevolare le elusioni:

  1. a questo proposito, l’EUCD è peggiore del DMCA. Il DMCA comprende infatti una dettagliata lista di casi in cui il divieto di elusione e di “offerta di servizi” non possono impedire la ricerca scientifica [10], e questa lista (sebbene estremamente ristretta) è stata indispensabile nella risoluzione del caso Felten (un ricercatore minacciato di denuncia se avesse pubblicato i propri studi sulla crittografia) [11]. L’EUCD, invece, prevede solo un generico principio di “non iterferenza” con la ricerca (considerando 48) [8];
  2. la legge italiana è peggiore dell’EUCD, e quindi del DMCA, dato che non prevede alcuna eccezione al divieto di offerta di strumenti o servizi che possano favorire l’elusione di “misure tecnologiche”. La ricerca scientifica, quindi, non è minimamente tutelata.

2.2 Come intervenire?

La mancanza di tutela per la ricerca scientifica è stata segnalata anche nella legge britannica che recepisce l’EUCD [4], e tale lacuna è considerata una incompatibilità con la direttiva.

La stesso problema deve quindi essere sottolineato nella bozza di decreto legislativo italiano. È necessario che la legge preveda delle chiare eccezioni al divieto di offerta di strumenti o servizi in grado di compiere una elusione, tutelando non solo la ricerca “accademica” su crittografia e sicurezza informatica, ma anche quella svolta da semplici appassionati: la libera collaborazione su questi temi è stata fino ad oggi fondamentale per il progresso in campo informatico.

Più in generale, occorre che la legge vieti lo sviluppo di strumenti e l’offerta di servizi ed informazioni che facilitano una “elusione” solo nei casi in cui tali atti siano finalizzati al compimento di effettive violazioni del diritto d’autore.

Resta comunque il rischio le modifiche suggerite allo schema di decreto legislativo costituiscano un semplice palliativo: è ben difficile correggere un principio sbagliato (la censura di informazioni e pratiche utili anche per fini leciti) con delle “eccezioni”. Le conseguenze del DMCA ne sono la chiara prova [11] [18].

3 Abolizione della “prima vendita” per i documenti digitali

Dall’articolo 2 della bozza di decreto legislativo:

Art. 2

1. L’art. 16 della legge 22 aprile 1941, n. 633 è sostituito dal seguente:

“Art. 16

1
Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico su filo o senza filo dell’opera ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi e comprende la comunicazione al pubblico via satellite, la ritrasmissione via cavo, nonché le comunicazioni al pubblico codificate con condizioni particolari di accesso; comprende altresì la messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente.
2
Il diritto di cui al comma 1 non si esaurisce con alcun atto di comunicazione al pubblico, ivi compresi gli atti di messa a disposizione del pubblico.”.

Qui viene sancito un nuovo diritto esclusivo per l’autore o per l’editore: quello di poter “comunicare” la propria opera (per esempio, attraverso Internet). Viene anche detto che per il diritto di comunicazione non viene applicata la “disciplina della prima vendita” — ovvero il diritto per gli utenti di poter rivendere le opere acquistate, a condizione che non ne venga conservata alcuna riproduzione.

3.1 I problemi ed i pericoli

La diretta conseguenza di questa norma dello schema di decreto legislativo è che la copia di un programma o di un e-book ottenuto attraverso Internet non può essere rivenduta nè ceduta a terzi senza il permesso dell’autore. Risultati:

  1. non nascerà mai un mercato del software o degli e-book usati, perciò non esisterà la possibilità che il loro prezzo si abbassi (come avviene, per esempio, nel mercato dei libri “tradizionali” grazie alla concorrenza del mercato dei libri usati) [14];
  2. nel caso di documenti di rilevanza storica/documentaristica, gli unici autorizzati a qualunque diffusione del materiale saranno gli autori/editori. Se un articolo sul web viene censurato dall’editore (che in genere detiene i diritti sull’opera), nessuno che intanto ne abbia legalmente ottenuta una copia potrà farla avere a terzi. Questo, in futuro, renderà difficile l’accesso a materiale di importanza storica, per il quale potrebbe essere proibita qualunque diffusione non autorizzata [14].

3.2 Come intervenire?

Questa rigida esclusività sulla comunicazione delle opere al pubblico è prevista dai trattati WIPO (articolo 8) e dall’EUCD (articolo 3). [13]

Per poter tutelare i diritti degli utenti, è indispensabile che la legge italiana garantisca la possibilità di poter ricomunicare le opere legalmente possedute. Dovrebbero essere quindi previste delle eccezioni al diritto esclusivo sulla comunicazione al pubblico, o dovrebbero essere regolamentate le condizioni di utilizzo con cui le opere vengono distribuite dagli autori/editori.

4 Eccezioni al diritto d’autore (ovvero, diritti degli utenti)

Come già accennato, la possibilità di controllare l’accesso e la copia dei documenti elettronici attraverso “misure tecnologiche” legalmente tutelate sancisce una nuova prerogativa per i detentori dei diritti sulle opere: quella di poter influire sull’uso delle opere stesse. Le “misure tecnologiche” sono infatti in grado di impedire all’utente di svolgere certe operazioni, o di limitarne altre, con imposizioni che potrebbero essere estremamente rigide: per esempio potrebbero impedire di stampare certi documenti, o di selezionare dei brani a scopo di citazione (limiti imponibili anche dal noto formato PDF di Adobe(TM)), o di vedere un film regolarmente acquistato in un altro Paese (come nel caso dei DVD protetti da codice regionale), o di ascoltare su PC o fare una copia di riserva di un CD musicale (si pensi ai cosiddetti “CD anti-copia”, una vera truffa per gli utenti).

In una situazione normale, a questa pericolosa novità dovrebbero corrispondere nuove garanzie legali per gli utenti, che assicurino la possibilità di un uso ragionevole delle opere digitali (quello che in alcune legislazioni è indicata come garanzia del “fair use”). Occorrerebbe insomma bilanciare la situazione di vantaggio che i detentori dei diritti assumono nell’imposizione delle “misure tecnologiche”.

La bozza di decreto legislativo italiano contiene alcuni passaggi tutto sommato positivi — ma, nella sua interezza, risulta comunque assai dannosa per i diritti degli utenti.

Dall’articolo 9:

Art. 9

1
Il capo V del titolo I della legge 22 aprile 1941, n. 633 è sostituito dal seguente:

“Capo V
Eccezioni e limitazioni

. . .
Art. 71-quinquies

. . .
2
I titolari dei diritti sono tenuti a rimuovere le misure tecnologiche di cui all’art.102-quater, da loro apposte sulle opere o sui materiali protetti, dietro richiesta dei beneficiari delle eccezioni di cui agli articoli 55; 68, commi 1 e 2; 69, comma 2; 70 comma 1; 71-bis e 71-quater, a condizione che i beneficiari stessi abbiano acquisito il possesso legittimo degli esemplari dell’opera o del materiale protetto o vi abbiano avuto accesso legittimo ai fini dell’utilizzo, nel rispetto e nei limiti delle disposizioni di cui ai citati articoli, ivi compresa la corresponsione dell’equo compenso, se previsto.

Qui si colgono gli aspetti positivi della legge italiana: l’EUCD infatti non ha nessuna indicazione chiara sui diritti degli utenti, che potrebbero essere lesi da “misure tecnologiche” troppo severe. Anzi, la direttiva europea prevede l’intervento dello Stato solamente dopo “mediazioni” e “misure volontarie” che dovrebbero essere prese dai detentori dei diritti per la tutela degli utenti (considerando 46, 51 e 52, e art. 6 par. 4) [15].

La proposta di legge italiana invece afferma chiaramente che «i titolari dei diritti sono tenuti a rimuovere le misure tecnologiche . . . dietro richiesta dei beneficiari delle eccezioni» — dove le eccezioni comprendono la registrazione di radiotrasmissioni per uso personale (art. 55 legge 22 aprile 1941), la copia su mezzi «non idonei allo spaccio o diffusione dell’opera nel pubblico» (art. 68 comma 1), la copia effettuata da biblioteche e scuole per i propri servizi (art. 68 comma 2), il riassunto e la citazione per la comunicazione al pubblico (art. 70 comma 1), la riproduzione per portatori di handicap (art. 71-bis), la riproduzione in ospedali o prigioni (art. 71-quater). Viene inoltre richiesto che le “misure tecnologiche” garantiscano la possibilità di poter effettuare almeno una copia di riserva delle opere legalmente ottenute (art. 71-sexies comma 4, introdotto dalla bozza di decreto legislativo).

4.1 I problemi ed i pericoli

Purtroppo, oltre a queste garanzie, lo schema di decreto legislativo contiene anche altre norme tutt’altro che positive, e addirittura in grado di mettere in dubbio i diritti per gli utenti finora elencati dalla legge stessa.

Innanzi tutto, viene stabilito che le garanzie per gli utenti previste dal decreto non valgono quando le opere protette da “misure tecnologiche” sono ottenute, per esempio, attraverso un servizio on-line. Proseguendo la citazione dalla bozza di decreto legislativo:

. . .
. . .

3
I titolari dei diritti non sono tenuti a rimuovere ai sensi del comma 2 le misure tecnologiche di cui all’art.102-quater apposte su opere o materiali messi a disposizione del pubblico in modo che ciascuno vi possa avere accesso dal luogo o nel momento scelto individualmente, quando l’accesso avvenga sulla base di clausole contrattuali.

Quest’ultima clausola è esplicitamente prevista dall’EUCD (art. 6 par. 4) [15]. In sostanza, essa prevede che se un utente si abbona ad un servizio che offre degli e-book accessibili via Web, gli potrebbe essere proibita la copia di porzioni di testo, la stampa, o qualunque altra operazione — e tutto sarebbe perfettamente legale. Con lo sviluppo di Internet come mezzo di diffusione della cultura, questa esplicita mancanza di garanzie per gli utenti è decisamente preoccupante.

La “mediazione” prevista dall’EUCD in caso di conflitti tra utenti e detentori dei diritti fa la sua comparsa nel comma 4 dello stesso articolo 71-quinques:

. . .

. . .

4
Le associazioni di categoria dei titolari dei diritti e gli enti o le associazioni rappresentative dei beneficiari delle eccezioni di cui al comma 2 possono svolgere trattative volte a consentire l’esercizio di dette eccezioni. In mancanza di accordo, ciascuna delle parti può rivolgersi al comitato di cui all’art. 190 perché esperisca un tentativo obbligatorio di conciliazione, secondo le modalità di cui all’art. 194-bis.

L’articolo 190 parla del “comitato consultivo permanente per il diritto d’autore”, descritto nell’articolo 191, e formato principalmente da rappresentanti della SIAE, degli artisti e dell’industria dello spettacolo. Questo comitato non prevede nessun rappresentante per gli utenti.

Insomma: oltre ad affidare il giudizio delle dispute tra detentori dei diritti ed utenti ad un organo privo di rappresentanza per questi ultimi, la legge italiana ha lo stesso problema segnalato in [4] per la legge britannica che recepisce l’EUCD: presume che i casi di conflitto siano pochi. In realtà i casi di utenti alla ricerca di una tutela potrebbero essere molto numerosi (e visti i recenti avvenimenti, tutto lo fa presumere — si pensi alle polemiche legate ai già citati CD anti-copia), e il fatto che un solo organo centralizzato debba valutare tutti questi casi non può che rallentare la burocrazia, con grande vantaggio dei detentori dei diritti sulle opere.

Per rendersi conto della trafila burocratica prevista per gli utenti alla ricerca di tutela, basta dare un’occhiata all’articolo 35 della bozza di decreto legislativo:

Art.35

Dopo l’art. 194 della legge 22 aprile 1941, n. 633 è inserito il seguente:

“Art. 194- bis

1
La richiesta di conciliazione di cui all’art. 71-quinquies comma 4, sottoscritta dall’associazione o dall’ente proponente, è consegnata al comitato di cui all’art. 190 o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta, il presidente del comitato nomina la commissione speciale di cui all’art. 193 comma 2. Copia della richiesta deve essere consegnata o spedita a cura dello stesso proponente alla controparte.
2
La richiesta deve precisare:

a)
il luogo dove devono essere fatte al richiedente le comunicazioni inerenti alla procedura;
b)
l’indicazione delle ragioni poste a fondamento della richiesta.
3
Entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta la parte convenuta, qualora non accolga la richiesta della controparte, deposita presso la commissione predetta osservazioni scritte. Entro i dieci giorni successivi al deposito, il presidente della commissione fissa la data per il tentativo di conciliazione.
4
Se la conciliazione riesce, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente della commissione. Il verbale costituisce titolo esecutivo.
5
Se non si raggiunge l’accordo tra le parti, la commissione formula una proposta per la definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con l’indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
6
Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche d’ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese.
7
La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla promozione del tentativo di conciliazione.
8
Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione secondo le disposizioni di cui ai precedenti commi o che la domanda giudiziale è stata promossa prima della scadenza del termine di novanta giorni dalla promozione del tentativo, sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara d’ufficio l’estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all’art. 308 del codice di procedura civile.”.

4.2 Come intervenire?

Come già detto, la mancanza di limiti alle “misure tecnologiche” applicate ai documenti resi disponibili attraverso Internet è esplicitamente prevista dall’EUCD, e dunque è difficile impedire che la legge italiana recepisca questa discutibilissima norma: occorrerebbe contestare ed ostacolare la direttiva stessa. La mancanza di garanzie per gli utenti resta comunque una grave mancanza: è necessario che la legge stabilisca chiaramente una serie di "utilizzi minimi" delle opere coperte da diritto d'autore, che gli autori/editori non possono vietare in nessun caso.

Per il resto, le procedure per la risoluzione delle controversie tra utenti e detentori dei diritti non sono specificate dalla direttiva europea. Si deve quindi richiedere che la legge renda queste pratiche più snelle rispetto a quanto stabilito dalla bozza — per esempio affidando questi problemi agli organi giudiziari locali, anzichè ad un unico “consiglio” centralizzato che finirà per essere fonte di infiniti problemi burocratici. E in ogni caso, occorre richiedere che gli utenti abbiano una maggiore rappresentatività nella valutazione delle dispute con i detentori dei diritti sulle opere.

5 La possibilità di oscuramento dei siti Internet

Questo aspetto non riguarda direttamente il decreto legislativo in esame, ma è estremamente importante: l’EUCD (considerando 58 e 59, e art. 8 par. 3) richiede che i detentori dei diritti sulle opere possano prendere provvedimenti legali contro gli “intermediari” i cui servizi Internet siano utilizzati per violazioni al diritto d’autore — per esempio, contro l’Internet Service Provider (ISP) che ospita delle pagine contenenti materiale coperto da diritti e distribuito abusivamente. Questa richiesta, come si legge anche nel considerando 16, si lega direttamente alla direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, che di fatto obbliga gli ISP (e non solo) a censurare i siti degli utenti non appena venga segnalata una presunta illegalità, senza richiedere l’intervento di un tribunale.

Questa norma dell’EUCD e della direttiva sul commercio elettronico aumenta drasticamente la responsabilità legale degli ISP, e li costringe ad agire tempestivamente contro qualunque presunta illegalità. Per esempio, un sito contenente delle critiche non gradite ad una certa azienda potrebbe essere censurato con una semplice telefonata, dietro l’accusa di una presunta diffamazione o di una presunta violazione del diritto d’autore. L’ISP che non provveda subito alla censura potrebbe essere accusato di complicità, e di fronte a questo pericolo sarebbe praticamente costretto ad eseguire l’oscuramento. Gli utenti potrebbero quindi assistere alla rimozione dei propri siti non per volontà di un tribunale, ma per volontà di un semplice privato (per esempio, una grossa azienda).

La bozza di decreto legislativo italiano non si occupa di questo, ma rimanda alle normative sul commercio elettronico. È estremamente importante che, assieme all’integrazione dell’EUCD nella legislazione italiana, venga tenuta sotto osservazione anche l’integrazione della direttiva 2000/31/CE, che dovrebbe essere più o meno contemporanea, e non richiederà una votazione in Parlamento: grazie alla legge delega del 39 marzo 2002 citata in apertura, anche in questo caso si avrà a che fare con un decreto legislativo.

La somma dei regolamenti previsti da EUCD e 2000/31/CE porterà a casi di censura analoghi a quelli causati dal DMCA, che prevede esattamente le stesse norme delle due direttive: si pensi ai casi bnetd (un applicativo libero censurato dal produttore di videogame Blizzard Entertainment(TM)), o alla censura dei link indicizzati da vari motori di ricerca, tra cui Google(TM) , da parte del movimento religioso Scientology.

Per i dettagli sulla possibilità di censura dei siti Web, si può leggere la già citata “Analisi dell’EUCD”, in [16] e [17].

6 Rincari al prezzo dei supporti di memorizzazione

L’EUCD contiene un grande numero di richieste di “equo compenso” per i detentori dei diritti sulle opere; questi “compensi” dovrebbero essere forniti in un gran numero di occasioni, inclusi vari casi di copia privata, ed hanno destato la preoccupazione di scienziati e bibliotecari di diversi Paesi: essi potrebbero infatti rappresentare un ostacolo alla diffusione della cultura [15].

La legge italiana era tuttavia già in linea con le richieste della direttiva, e l’aumento previsto per il prezzo dei supporti di memorizzazione e degli apparecchi di registrazione non può essere giustificato dalla necessità di “adeguarsi all’Europa”.

La questione dei rincari è estensivamente trattata nel già citato editoriale di AFDigitale. Comunque, dai problemi finora esposti e dalle conseguenze delle norme introdotte dovrebbe apparire chiaro come il rincaro delle tasse sui supporti, per quanto estremamente discutibile, rappresenti l’aspetto relativamente meno grave e preoccupante della bozza di decreto legislativo.

7 Conclusioni

Le norme previste dall’EUCD, e dallo schema di decreto legislativo italiano che la recepisce, rappresentano una grave minaccia per gli sviluppatori di software interoperante, per i ricercatori nel campo di crittografia e sicurezza informatica, e per gli utenti in generale. Sono chiaramente a rischio la possibilità di sviluppare nuovo software o scegliere quale utilizzare per accedere ai proprio documenti, il diritto di poter accedere al sapere in modi ragionevoli e garantiti, la libertà di espressione su Internet.

Purtroppo le questioni legate al diritto d’autore sono spesso considerate dei problemi lontani, astratti e poco interessanti. In realtà il “diritto d’autore” si applica a qualunque produzione, diffusione ed utilizzo del sapere e della cultura; qualunque normativa in merito, quindi, non può che avere degli effetti diretti e profondi sul progresso e sulla crescita della società in generale.

Di fronte a questo fatto, una legge che mette palesemente in secondo piano gli interessi di una gran parte della collettività (gli utenti) per favorire una piccola parte di essa (i detentori dei diritti sulle opere, e più nello specifico i grossi editori e produttori di software) non può e non deve passare inosservata.

Diventa quindi necessaria una iniziativa che ostacoli la linea ed i principi legali varati dall’EUCD, iniziando dalla sua incarnazione più prossima: il decreto legislativo italiano che recepisce la direttiva. È indispensabile la partecipazione di tutti coloro che sono colpiti dalle nuove norme: ricercatori, sviluppatori di software libero, utenti — in generale, tutti coloro che ritengono che la possibilità di accesso al sapere sia un diritto, e non una ristretta concessione all’interno di una legge basata sui divieti.

Riferimenti bibliografici

[1]   “Legge comunitaria e diritto d’autore: Law on Demand?” di Andrea Monti: http://www.interlex.it/copyright/amonti56.htm.

[2]   “Passaggi impegnativi per gli internet provider” di Manlio Cammarata: http://www.interlex.it/regole/passaggi.htm.

[3]   “Provider e responsabilità nella legge comunitaria 2001”, stilato da ALCEI e pubblicato su InterLex: http://www.interlex.it/regole/ alcei13.htm.

[4]   Una critica alla legge britannica che recepisce l’EUCD http://uk.eurorights.org/issues/eucd/ ukimpl/critique_uk_impl.html.

[5]   Il divieto di reverse-engineering dell’EUCD: http://www.softwarelibero.it/ progetti/eucd/analisise4.html#x6-50004.

[6]   I conflitti tra l’EUCD ed il diritto di reverse-engineering offerto dalla direttiva 91/250/CEE: http://www.softwarelibero.it/ progetti/eucd/analisise4.html#x6-60004.

[7]   Le conseguenze del divieto di reverse-engineering dell’EUCD: http://www.softwarelibero.it/ progetti/eucd/analisise4.html#x6-70004.1

[8]   Gli ostacoli alla libertà di ricerca e di espressione previsti dall’EUCD: http://www.softwarelibero.it/progetti/ eucd/analisise5.html#x10-100005.

[9]   Le conseguenze dei limiti alla libertà di ricerca e di espressione dell’EUCD: http://www.softwarelibero.it/progetti/eucd/ analisise5.html#x10-110005.1.

[10]   Confronto tra EUCD e DMCA: la libertà di ricerca http://www.softwarelibero. it/progetti/eucd/analisise9.html#x19-210009.2

[11]   Le conseguenze del DMCA: il caso Felten http://www.softwarelibero.it/progetti/eucd/ analisise9.html#x19-220009.2.1

[12]   Le conseguenze delle norme del DMCA condivise da EUCD e decreto legislativo italiano: il caso Sklyarov ( http://www.softwarelibero. it/progetti/eucd/analisise9.html#x19-200009.1.1).

[13]   EUCD: l’abolizione della “prima vendita” per i documenti elettronici ( http://www.softwarelibero. it/progetti/eucd/analisise7.html#x15-140007).

[14]   Le conseguenze dell’abolizione della “prima vendita” per i documenti elettronici http://www.softwarelibero.it/progetti/eucd/ analisise7.html#x15-150007.1

[15]   I pericoli per i diritti degli utenti causati dall’EUCD: http://www.softwarelibero. it/progetti/eucd/analisise8.html#x17-160008

[16]   La possibilità di censura dei siti Internet prevista dall’EUCD e dalla direttiva 2000/31/CE: http://www.softwarelibero.it/progetti/eucd/ analisise6.html#x12-120006

[17]   Le conseguenze della “clausola di rimozione” del DMCA: http://www.softwarelibero.it/progetti/eucd/ analisise9.html#x19-230009.3

[18]   Altre conseguenze dell’applicazione del DMCA: http://www.softwarelibero.it/progetti/eucd/ analisise9.html#x19-250009.4.

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