La legge 248/2000: una minaccia per la professione
Associazione Software Libero
Gennaio 2001
Le modifiche alla legge sul diritto di autore, approvate come legge 248/2000
in vigore dal 18 settembre scorso, hanno introdotto dei meccanismi ancora poco
chiari che potenzialmente potrebbero frenare o addirittura impedire l'attività
lavorativa di chi produce software e di chi utilizza programmi per elaboratore
nell'ambito della propria professione. Il problema consiste nell'obbligo di
apposizione del "bollino SIAE" su ogni supporto contenente programmi
per elaboratore (Art 181-bis, comma 1). Tale obbligo viene ad inserirsi in
una normativa che già considera reato penale (e non illecito civile) la copia
non autorizzata
di programmi, minacciando la reclusione per la generica detenzione di
programmi, siano essi detenuti illecitamente o lecitamente.
La legge non si limita ad agire sul settore del software e può essere
considerata lesiva della libertà individuale anche in altri campi. Ci
concentriamo qui sulla problematica relativa ai programmi per
elaboratore perché è quella secondo noi più grave.
Da diverse parti è sorta l'obiezione che la legge introduce di
fatto una sorta di tassa per il software
liberamente redistribuibile. Riteniamo valide tali obiezioni ma riteniamo il
problema molto più grave. Non trovando studi soddisfacenti della legge in
rete, abbiamo preferito prendere informazioni dirette,
consultando la SIAE, la
Guardia di Finanza, la Polizia Postale e delle Telecomunicazioni, magistrati e
avvocati che si occupano di diritto di autore.
Tutte le fonti consultate, pur talvolta riconoscendo l'iniquità della norma,
concordano nel considerare illecita la detenzione di programmi per elaboratore
contenuti su supporti non contrassegnati dalla SIAE, ai sensi dell'articolo
171-bis:
Chiunque abusivamente ...per trarne profitto ...detiene a scopo
commerciale o imprenditoriale ...programmi [per elaboratore] contenuti in
supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori
(SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi tre anni e della
multa da lire cinque milioni a lire trenta milioni.
Ai sensi di questo articolo chiunque svolga la propria attività lavorativa
facendo uso di programmi per elaboratore memorizzati su supporti privi
di bollino SIAE
si trova in flagrante reato. Laddove
i supporti siano stati acquisiti prima dell'entrata in vigore della legge,
l'interpretazione è dubbia; secondo alcune delle fonti consultate occorre
anche in questo caso procedere all'apposizione del famigerato bollino, a
carico del detentore. Proprio in base a questa interpretazione, una delle
librerie di Pavia si è vista sequestrare tutti i CD regolarmente acquisiti
prima dell'entrata in vigore della legge.
Altri reputano il contrassegno non dovuto ai sensi degli articoli 199 e 201
della legge sul diritto d'autore. Questa è ad esempio l'interpretazione dello
studio legale della Zanichelli, editore che commercializza ancora oggi
supporti stampati precedentemente l'entrata in vigore della legge senza
apporre il bollino. L'interpretazione prevalente, anche da parte delle forze
di Polizia, richiede la bollinatura in quanto l'intervallo di un mese tra la
pubblicazione della legge (18 agosto) e l'entrata in vigore (18 settembre)
aveva appunto lo scopo di permettere al cittadino a regolarizzare la propria
situazione.
In caso di importazione dall'estero, ai fini della tempestiva
apposizione del contrassegno l'importatore ha l'obbligo di dare alla SIAE
preventiva notizia dell'ingresso nel territorio nazionale dei prodotti
(Art. 181-bis, comma 6). L'importatore viene univocamente identificato dalle
autorità competenti come l'acquirente; questo significa che anche quando un
professionista o altro soggetto debba comprare programmi all'estero per lo
svolgimento della propria attività lavorativa, l'apposizione del contrassegno
ricade ancora più pesantemente sulle sue spalle. Lapidaria a questo proposito
la risposta della SIAE di Roma: «se lei importa un CD per giocare non c'è
problema, se lo usa nel suo lavoro deve bollinare».
Ricordando come la legge esplicitamente dichiari che il contrassegno è
apposto ai soli fini della tutela dei diritti relativi alle opere
dell'ingegno (Art 181-bis, comma 2), la domanda che viene ora spontanea è
«cosa succede quando si è autori in prima persona dei programmi che si
detengono?». La risposta di quasi tutte le fonti consultate recita
«il supporto deve essere contrassegnato se è detenuto per fine di
profitto, indipendentemente dal fatto che il profitto derivi dalla futura
messa in commercio o semplicemente dalla detenzione a scopo altrimenti
connesso alla propria attività lavorativa». Unica voce fuori dal coro
quella della Polizia Postale interpellata, che differenzia tra i supporti
detenuti "a scopo di vendita" e quelli invece per uso personale (pur se
nell'ambito di un'attività professionale). Misera consolazione: data la natura
penale del reato le operazioni associate possono essere svolte da qualsiasi
forza di polizia; non è affatto sicuro che l'ispettore incaricato di un
eventuale controllo faccia capo alla Polizia Postale, e anche in questo caso
non è detto che l'interpretazione sia uniforme all'interno del Corpo; inoltre
il sequestro viene effettuato in ogni caso.
Il contrassegno SIAE deve contenere elementi tali da permettere la
identificazione del titolo dell'opera per la quale è stato richiesto, del
nome dell'autore, del produttore o del titolare del diritto d'autore
(Art 181-bis, comma 5), e va richiesto presso gli uffici SIAE delle
città più
importanti. Non sappiamo dire con certezza
quali uffici siano autorizzati ad erogare
bollini: il funzionario SIAE dell'ufficio periferico cui ci siamo rivolti
afferma che solo Roma, Milano e Napoli possono svolgere questa funzione, ma da
una prima verifica anche Firenze può erogare contrassegni. In ogni caso non
serve andare a chiedere in un ufficio periferico
(la risposta nel nostro caso è
stata «non siamo tenuti a saperlo, quello che so è solo per interesse
personale»). Non aiuta nemmeno il sito Internet http://www.siae.it/
che offre una buona strutturazione delle informazioni che si cercano, ma tale
struttura è priva di contenuto e alla fine si trova sempre la stessa pagina
"lavori in corso" senza alcuna informazione reale (accessi compiuti il
21 gennaio 2001).
In pratica, per ottenere i contrassegni ci si dovrà recare in uno degli uffici
abilitati, riempire abbondanti incartamenti non disponibili se non presso
l'ufficio stesso, pagare il dovuto e ritornare dopo un tempo variabile tra una
e tre settimane per ricevere l'agognato rettangolino di carta adesiva.
Naturalmente questa procedura va effettuata separatamente per ogni differente
supporto detenuto o importato (ai fini di permettere la identificazione
del titolo ...).
Per capire meglio il campo di applicazione della legge,
abbiamo provato anche a
farci spiegare cosa sia un "supporto". Secondo il funzionario della SIAE di
Roma con cui abbiamo parlato, con "supporto" si intende il CD oppure il
dischetto, escludendo i dischi rigidi "per evidenti ragioni pratiche"
ammettendo esplicitamente che un professionista può viaggiare con un disco
rigido in tasca ma non con un CD o un floppy (salvo poi rifiutare di
controfirmare una dichiarazione in proposito). Naturalmente sia il magistrato
sia l'avvocato consultati hanno rifiutato di considerare i dischi rigidi
differentemente dagli altri supporti. Anzi, secondo l'avvocato specialista nel
momento in cui un professionista svolga le sue mansioni con un elaboratore
portatile presso la sede del cliente, anche il disco rigido del portatile deve
recare un contrassegno SIAE.
A ben vedere, l'interpretazione della SIAE non è peregrina: su un disco rigido
sono contenuti centinaia di programmi. Per esempio,
i nostri elaboratori montano
GNU/Linux e contengono dagli 800 ai 900 pacchetti software. Diversa la
situazione per gli utenti di altri sistemi operativi, ma nessuno che lavori
con un calcolatore ha meno di 10-20 programmi installati sulla macchina.
Perciò, non è possibile identificare "titolo e autore" di ogni programma su
un quadratino di carta; non è nemmeno pensabile apporre decine o centinaia di
contrassegni anche perché il contenuto di un disco è altamente dinamico. Si
noti come il CD ha lo stesso problema del disco rigido riguardo al numero di
programmi e il dischetto ha lo stesso problema riguardo alla volatilità del
contenuto; per questo motivo le "evidenti ragioni pratiche" si dovrebbero
applicare anche agli altri supporti. Non si capisce d'altronde perché una
normativa che non ha alcun legame pratico con il mondo dell'uso e della
produzione del software "per scopo di profitto" debba essere interpretata in
base a supposte "ragioni pratiche" il cui significato non è chiaramente
definibile di caso in caso.
Che dire, poi, dei supporti cartacei? Quando il programma è espresso in un
linguaggio interpretato, la distribuzione "per scopo di profitto" può
avvenire tramite carta, o lucido per lavagna luminosa. Per esempio,
è normale che un professionista, quando tiene dei corsi, distribuisca e
commenti il sorgente completo (un paio di pagine, spesso meno) di un programma
funzionante e utilizzabile in pratica.
Ci sembra indubitabile che la dizione ogni supporto contenente
programmi (Art. 181-bis, comma 1) copra anche questo
caso. Inoltre, poiché non v'è dubbio che nella dizione "programma per
elaboratore" il legislatore abbia voluto ricomprendere tanto il programma
oggetto tanto il programma sorgente (Cavani, Oggetto della tutela
sul software in "La legge sul software", Giuffrè 1994), ogni programma
esemplificativo diffuso su rivista o nell'ambito di corsi onerosi (quindi
a scopo di profitto) pare richiedere la bollinatura, pena il sequestro
del materiale e la reclusione (Art. 171-bis, comma 1).
Si pensi che la versione
5.0 del noto programma PGP è stata esportata dagli Stati Uniti su supporto
cartaceo, perché le regole statunitensi ne proibivano l'esportazione in
formato elettronico; ciò conferma che la carta non va ignorata come mezzo di
distribuzione dei programmi. Non abbiamo al momento raccolto pareri riguardo
all'applicabilità o meno della legge al supporto cartaceo.
Il problema principale della legge riguarda, a nostro parere, l'uso
incondizionato di "programma per elaboratore", espressione usata e mai
definita dalla normativa. L'espressione ha perfettamente senso nel contesto
della protezione del diritto di autore sulle opere di ingegno: ogni programma
è un'opera di ingegno e va tutelato, così come ogni opera letteraria o
musicale. Nel momento però in cui al programma (entità squisitamente astratta
e immateriale) viene richiesta una dimensione materiale su cui applicare un
bollino adesivo è necessaria una riflessione sul significato del termine
"programma".
È chiaro come la nuova legislazione sia stata scritta con i paraocchi,
pensando che "programma" significhi "CD prodotto in grande quantità per la
distribuzione a titolo altamente oneroso proibendone l'ulteriore
replicazione". Solo così avrebbe senso l'obbligo di imporre il contrassegno
(e tutta la trafila per ottenerlo) su "tutti i supporti". Ma esistono
programmi liberamente redistribuibili: programmi scritti per uso interno da
un'azienda (e quindi continuamente duplicati), programmi associati alle schede
elettroniche (non soggetti a limiti di copia in quanto vincolati alla scheda),
programmi liberi per definizione (come tutti i componenti di GNU/Linux). Ed
esistono anche programmi "piccoli", molto più piccoli del bollino che
dovrebbero ospitare: alcuni dei programmi
che usiamo più spesso nel nostro lavoro sono
pochi kilobyte o addirittura poche righe di testo, ma si pensi anche a
strumenti come Pkzip e altri. E i programmi gratuiti, che vengono scaricati
dalla rete e depositati su un supporto a cura dell'utente, comportamento oggi
criminalizzato.
Per esplicita dichiarazione degli stessi parlamentari la legge 248/2000 è nata
dalle forti pressioni lobbistiche delle grandi case produttrici di software,
ignorando e criminalizzando volutamente tutti quei programmi e tutti quei
supporti che non rientrano negli ordinari circuiti di vendita commerciale. La
scusa ufficiale è quella di proteggersi dalla pirateria per distribuire il
giusto compenso ai programmatori, che sarebbero danneggiati dalla copia di
software effettuata per uso personale. Si tratta delle stesse case
produttrici che hanno trasmesso in televisione lo spot che invitava alla
delazione quasi camuffandosi da "pubblicità progresso", spot poi condannato
dal garante per la pubblicità come ingannevole, su denuncia sporta da un
cittadino.
Si noti a questo proposito come l'articolo 64-ter, comma 2, della legge
sul diritto d'autore reciti:
"Non può essere impedito per contratto ...di effettuare una copia
di riserva del programma". Quello che non può essere impedito per
contratto viene ora impedito per legge: l'obbligo del bollino SIAE rende di
fatto illegale anche tale copia di riserva, a meno che non si voglia perdere
una giornata del proprio tempo per ottenere il contrassegno ed evitare così la
potenziale reclusione.
L'uso dei programmi senza fine di profitto non viene regolamentato e non
richiede l'apposizione del contrassegno; una magra consolazione vista l'ampia
gamma di comportamenti che si possono definire "profitto". Secondo la SIAE di
Firenze, la distribuzione gratuita di programmi dimostrativi costituisce
profitto e quindi richiede bollinatura. Probabilmente anche l'uso
dell'elaboratore per navigare in rete può essere considerato profitto, dato
che permette di reperire informazioni utili o indispensabili al proprio lavoro
(qualunque esso sia). Quindi anche l'uso personale di programmi di telematica
da parte di lavoratori richiederà il contrassegno SIAE?
In base a quanto affermato finora si può affermare che i meccanismi introdotti
con la nuova legislazione in materia di diritto d'autore sono un ostacolo
potenzialmente in grado di paralizzare o criminalizzare praticamente ogni
utilizzo professionale di programmi per elaboratore, rendendo oltremodo
impraticabile la regolarizzazione. Nata come una legge contro i circuiti
clandestini di commercializzazione del software "pirata",
la 248/2000 rischia
di colpire proprio i soggetti che avrebbe dovuto tutelare, rendendo
difficoltosa e onerosa la libera espressione dei programmatori
indipendenti, a tutto vantaggio delle grandi aziende del software che ormai
hanno carta bianca per stringere la loro morsa monopolistica nei confronti
degli utenti. Poiché il reato è perseguibile d'ufficio non occorre nemmeno
l'esposto di una parte lesa per ricevere la visita delle forze dell'ordine e
il sequestro del proprio materiale, a fronte del solo ordine del magistrato.
In questo contesto non è da escludere che prima o poi venga organizzata una
grande retata in tutta Italia in applicazione alla legge per scoraggiare nella
cittadinanza ogni ulteriore reato.
Avendo parlato del problema con alcuni operatori del settore,
tutti indistintamente hanno
ammesso l'impossibilità di regolarizzazione, dal singolo professionista
all'azienda elettronica con 300 dipendenti. Gli effetti della legge si
estendono anche a tutti i negozi di computer (che distribuiscono dischetti o
CD associati alle schede opzionali che non vengono contrassegnati dal
produttore), tutte le aziende che producono o distribuiscono apparecchiature
elettroniche di controllo industriale. Un'applicazione letterale della legge
metterebbe in ginocchio tutta l'attività ingegneristica e il mondo della
piccola e media impresa italiana. Anche se questa applicazione letterale non
dovesse avvenire, una legge di questo tenore risulta comunque una costante
minaccia ad ogni attività produttiva che abbia a che fare con la tecnologia e
sicuramente contribuirà a scoraggiare iniziative in questi campi, aiutando il
paese a mantenere la sua posizione di arretratezza tecnologica con effetti
diretti sulla bilancia dei pagamenti.
È fondamentale che l'ordine degli ingegneri e le altre organizzazioni di
settore si muovano quanto prima per sensibilizzare le forze politiche e
arrivare ad una azione parlamentare a correzione delle storture
introdotte dalla legge 248/2000. A nostro avviso bisognerebbe sospendere
a tempo indeterminato l'applicazione della legge in attesa di uno studio
approfondito delle problematiche di settore al fine di produrre una nuova
normativa che, piuttosto che tenere conto degli interessi dei grandi
produttori di software, consideri ciò che è vantaggioso per la società
nel suo complesso.
Sia la copia letterale che la diffusione di questo
testo, con qualsiasi mezzo, sono permesse ed incoraggiate.
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