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No ai brevetti software in Europa


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Risposta del Parlamentare Villanueva (Perú) a Microsoft

La lettera di Microsoft è qui.

La traduzione è di Simone Piccardi e Domenico delle Side.

Le lettere originali si trovano su http://www.pimientolinux.com/peru2ms/.

Signor

JUAN ALBERTO GONZÁLEZ

Direttore Generale di Microsoft Perú

Gentile Signore.

Anzitutto la ringrazio per la sua lettera del 25 marzo in cui manifesta la posizione ufficiale di Microsoft rispetto al Progetto di Legge Nº 1609, Software Libero nella Amministrazione Pubblica, che senza dubbio è ispirata dal desiderio che il Perú possa situarsi adeguatamente nel contesto tecnologico globale. Animato dallo stesso spirito, e convinto che attraverso uno scambio di idee chiaro ed aperto possiamo trovare le migliori soluzioni, mi permetto di rispondere tramite la presente ai commenti inclusi nella vostra lettera.

Pur riconoscendo che opinioni come le vostre costituiscono un contributo significativo, mi sarebbe risultato molto più utile se invece di formulare obiezioni di carattere generale (che analizzeremo in dettaglio) aveste raccolto argomenti solidi sui vantaggi che il software proprietario può portare allo stato peruviano e ai suoi cittadini in generale, perché questo avrebbe consentito uno scambio più chiarificante delle nostre rispettive posizioni.

Allo scopo di mantenere ordinato il dibattito, assumeremo che quello che voi chiamate "open source software" sia quello che il progetto di legge definisce come "software libero", dato che esiste software il cui codice sorgente è distribuito insieme al programma, ma che non risponde alla definizione stabilita nel progetto; e che quello che chiamate "software commerciale" sia quello che il progetto definisce come "proprietario" o "non libero", questo perché esiste software libero che è venduto sul mercato ad un suo costo, come ogni altra merce o servizio.

è inoltre necessario mettere in chiaro che lo scopo del progetto di legge al quale ci riferiamo non è direttamente connesso al risparmio immediato che può essere realizzato con l'impiego del software libero nelle istituzioni statali. Questo è in ogni caso un valore aggregato marginale, ed in nessun modo l'obiettivo principale del progetto. I principi fondamentali che animano il progetto si ispirano alle garanzie base di uno stato democratico come:

  • Libero accesso del cittadino alla pubblica informazione.
  • Permanenza dei dati pubblici.
  • Sicurezza dello Stato e dei cittadini.

Per garantire il libero accesso dei cittadino alla informazione pubblica risulta indispensabile che la codifica dei dati non sia legata ad un unico fornitore. L'uso di formati standard e aperti permette di garantire questo libero accesso, se necessario attraverso la creazione di software libero compatibile.

Per garantire la permanenza dei dati pubblici è indispensabile che la utilizzazione ed il mantenimento del software non dipendano dalla buona volontà del fornitore o dalle condizioni di monopolio da esso imposte. Per questo motivo lo stato necessita di sistema la cui evoluzione possa essere garantita grazie alla disponibilità del codice sorgente.

Per garantire la sicurezza dello Stato o la sicurezza nazionale, risulta indispensabile poter fare affidamento su sistemi privi di elementi che permettono il controllo a distanza o la trasmissione indesiderata di informazioni a terze parti. Pertanto si richiedono sistemi il cui codice sorgente sia liberamente accessibile al pubblico per consentirne l'esame allo Stato, ai cittadini e a un gran numero di esperti indipendenti in tutto il mondo. La nostra proposta porta maggiore sicurezza, perché la conoscenza del codice sorgente eliminerà il crescente numero di programmi con *codice spia*.

Allo stesso modo, la nostra proposta rafforza la sicurezza dei cittadini, tanto come legittimi titolari dell'informazione gestita dallo stato, quanto come consumatori. In quest'ultimo caso permettendo la crescita di una estesa offerta di software libero sprovvisto di potenziali *codici spia* suscettibile di mettere a rischio la vita privata e le libertà individuali.

In questo senso il progetto di legge si limita a stabilire le condizioni sotto le quali gli organismi statali acquisiranno il software in futuro, vale a dire in un modo compatibile con la garanzia di questi principi fondamentali.

Dalla lettura del progetto risulterà chiaro che una volta approvata:

  • la legge non proibisce la produzione di software proprietario
  • la legge non proibisce il commercio di software proprietario
  • la legge non specifica quale software concreto usare
  • la legge non specifica da quale fornitore si compra il software
  • la legge non limita i termini in cui un prodotto software può essere licenziato

Quello che il progetto di legge esprime chiaramente è che il software, per essere accettabile dallo stato, non è sufficiente che sia tecnicamente in grado di eseguire un lavoro, ma che inoltre le condizioni contrattuali debbano soddisfare una serie di requisiti in materia di licenza, senza i quali lo stato non può garantire al cittadino una adeguata trattazione dei suoi dati, salvaguardando la loro integrità, confidenzialità e accessibilità nel lungo periodo, perché questi sono gli aspetti più critici del suo normale funzionamento.

Siamo concordi, Signor González, che le tecnologia dell'informazione e della comunicazione hanno un impatto significativo sulla vita dei cittadini (che sia positivo o negativo). Saremo sicuramente altrettanto concordi che i valori basilari che ho sottolineato prima sono fondamentali per una nazione democratica come il Perù. Per questo saremmo molto interessati a conoscere qualunque modalità alternativa di garantire questi principi, che non sia il ricorrere all'impiego di software libero nei termini definiti dal progetto di legge.

Per quanto riguarda le osservazione da voi formulate, passeremo ora ad analizzarle in dettaglio.

In primo luogo avete sottolineato che: "Il progetto stabilisce l'obbligatorietà per ogni organismo pubblico di impiegare esclusivamente software libero, altrimenti detto a codice aperto, il quale trasgredisce i principi di uguaglianza davanti alla legge, quello di non discriminazione e i diritti della libera iniziativa privata, la libertà dell'industria e di contrattazione protette dalla Costituzione".

Questa affermazione costituisce un errore. In alcun modo il progetto di legge ha effetto sui diritti da voi elencati, si limita solamente a stabilire delle condizioni per l'impiego di software da parte delle istituzioni statali, senza immischiarsi in alcun modo nelle transazioni del settore privato. è un principio ben stabilito che lo stato non usufruisce di tutto l'ampio spettro delle libertà contrattuali del settore privato, essendo limitato nelle sue azioni dall'obbligo della trasparenza degli atti pubblici, ed in questo senso la salvaguardia del maggiore interesse comune deve prevalere quando legisla sulla materia.

Il progetto protegge la uguaglianza davanti alla legge perché nessuna persona naturale o giuridica è esclusa dal diritto di offrire questi beni allo stato, nelle condizioni definite nel progetto, e senza maggiori limitazioni di quelle stabilita dalla legge dei contratti e degli acquisti dello stato (T.U.O. per il Decreto Supremo No. 012-2001-PCM).

Il progetto di legge non introduce nessuna discriminazione, perché stabilisce soltanto come devono essere forniti i suddetti beni (che è un potere dello stato) e non chi deve fornirli (che risulterebbe in effetti discriminatorio se si imponessero restrizioni su origine nazionale, razza, religione, ideologia, preferenze sessuali, ecc.). Ma al contrario il progetto è decisamente antidiscriminatorio. Questo perché il determinare senza ombra di dubbio le condizioni di approvvigionamento di software, impedisce agli organismi statali l'uso di programmi le cui licenze contengano condizioni discriminatorie.

Risulta ovvio per quanto esposto nei due precedenti paragrafi che il progetto di legge non nuoce alla libera iniziativa privata, perché quest'ultima può sempre scegliere sotto quali condizione produrre software; alcune di queste saranno accettabili per lo stato, e altre no perché contraddicono la garanzia dei principi fondamentali enumerati sopra. Questa libera iniziativa è certamente compatibile con la libertà dell'industria e la libertà dei contratti (nella forma limitata in cui lo stato esercita quest'ultima). Ogni soggetto privato può produrre software alle condizioni che lo stato richiede, o può astenersi dal farlo. Nessuno è forzato ad adottare un modello di produzione, ma se vuole fornire software allo stato, deve aderire ai meccanismi che garantiscono i principi fondamentali, che sono quelli descritti nel progetto.

Per esempio: niente nel testo del progetto di legge impedisce alla vostra impresa di offrire agli organismi dello stato una "suite" da ufficio, alle condizioni definite nel progetto e al prezzo che voi considerate conveniente. Se non lo farete non sarà per le restrizioni imposte dalla legge, ma per le decisioni imprenditoriali relative alle modalità di commercializzare i vostri prodotti, decisioni nelle quali lo stato non ha nessuna partecipazione.

Per continuare segnalate che: "2. Il progetto, rendendo obbligatorio l'uso di software a codice aperto, stabilisce un trattamento discriminatorio e non competitivo nei contratti e nelle forniture degli organi pubblici ..."

Questa affermazione non è che una reiterazione della precedente, per cui la risposta è quella data sopra. Però vorremmo soffermarci un istante sul vostro commento riguardo il "trattamento ... non competitivo"

Certamente, nel definire un qualunque tipo di acquisto, il compratore fissa le condizioni relative all'uso del bene o del servizio. Fin dall'inizio questo esclude alcuni produttori dalla possibilità di competere, ma non li esclude "a priori", quanto in base ad una serie di principi decisi in base alla volontà autonoma del compratore, così il processo ha luogo in conformità alla legge. E nel progetto di legge si stabilisce che *nessuno* resti escluso dalla competizione fintanto che sia garantita la conformità ai principi fondamentali.

Anzi, il progetto di legge *stimola* la concorrenza, perché tende a generare offerta di software con migliori condizioni di usabilità, e a ottimizzare il lavoro esistente, in un modello di continuo miglioramento.

D'altro canto l'aspetto centrale della competitività è l'opportunità di proporre al consumatore un maggior numero di scelte. E adesso è impossibile disconoscere il fatto che il marketing non giochi un ruolo neutrale quando il prodotto è offerto sul mercato (perché dire il contrario ci autorizzerebbe a concludere che gli investimenti delle imprese nel marketing non hanno senso) e perciò una spesa significativa sotto questo aspetto può influenzare le decisioni del consumatore. Questa influenza del marketing è in buona misura ridotta dal progetto di legge in quanto nello schema proposto la scelta è basata sui *meriti tecnici* del prodotto e non sullo sforzo fatto nella commercializzazione dal produttore; in questo senso la competitività si accentua perché anche il più piccolo produttore di software può competere ad armi pari con la più grande compagnia.

E necessario sottolineare che non c'è posizione più anticompetitiva di quella dei grandi produttori di software proprietario che abusano frequentemente della loro posizione dominante, poiché in innumerevoli casi propongono come soluzione ai problemi sollevati dagli utenti: "aggiornare il software alla nuova versione" (a spese dell'utente, ovviamente); per di più sono comuni le interruzioni arbitrarie dell'assistenza per prodotti che, ad esclusivo giudizio del produttore, vengono dichiarati "obsoleti"; e così, per ricevere un qualunque grado di assistenza, l'utente è obbligato a migrare alla nuova versione (con costi non banali, specialmente perché spesso sono coinvolti anche cambiamenti di piattaforme hardware). E quando l'intera infrastruttura è basata su formati di dati proprietari, l'utente si trova "intrappolato" nella necessità di continuare ad usare lo stesso fornitore o di fare enormi sforzi per passare ad un altro ambiente (anch'esso probabilmente proprietario).

Inoltre aggiungete: "3. Così, obbligando lo Stato a favorire un modello commerciale che appoggi esclusivamente il software a sorgente aperto, il progetto sta solo scoraggiando le aziende di produzione locali e internazionale, quelle che realizzano davvero gli investimenti importanti, quelle che creano un numero significativo di posti di lavoro diretti e indiretti, oltre a contribuire al Prodotto Interno Lordo; in contrapposizione ad un modello di software a codice a parte che tende ad avere ogni volta un impatto economico minore in quanto crea impiego principalmente nei servizi".

Non sono d'accordo con quanto affermate. In parte per quello che voi stessi segnalate nel paragrafo 6 della vostra lettera, riguardo il peso relativo dei servizi nel contesto dell'uso del software. Questa contraddizione, di per sé, invalida la vostra posizione. Il modello dei servizi, adottato da un gran numero di imprese nell'industria informatica, è molto più significativo in termini economici e in crescita tendenziale, della licenza di software proprietario.

D'altra parte il settore privato dell'economia ha la più ampia libertà di scegliere il modello economico che più conviene ai suoi interessi, anche se questa libertà di scelta è spesso oscurata in maniera subliminale dalle sproporzionate spese in marketing dei produttori di software proprietario.

Per di più, dalla lettura delle vostre opinioni si desumerebbe che il mercato statale è cruciale ed imprescindibile per l'industria del software proprietario, a tal punto che le condizioni che lo stato stabilisce in questo progetto di legge eliminerebbero completamente dal mercato queste imprese. Se fosse così ne dedurremmo che lo stato sta sovvenzionando l'industria del software proprietario. E nel caso improbabile che questo fosse vero, lo stato avrebbe il diritto di scegliere erogare i sussidi all'area che considera di maggiore interesse sociale; risulta innegabile, in questa improbabile ipotesi, che se lo stato decidesse di sovvenzionare il software dovrebbe farlo scegliendo quello libero rispetto al proprietario, considerando il suo effetto sociale e l'uso razionale dei soldi dei contribuenti.

A proposito dei posti di lavoro generati dal software proprietario in paesi come i nostri, questi riguardano principalmente attività tecnica di valore complessivo scarso; a livello locale i tecnici che prestano supporto a software proprietario prodotto da imprese multinazionali non sono in condizioni di risolvere un bug, non necessariamente per la mancanza di capacità tecnica o talento, ma perché non dispongono del codice sorgente da correggere. Con il software libero si genera impiego tecnicamente molto qualificato e si genera una infrastruttura di libera competenza dove il successo è legato solo all'abilità di offrire buon supporto tecnico e qualità del servizio, si stimola il mercato e si incrementa il patrimonio comune della conoscenza, aprendo alternative per generare servizi di maggior valore complessivo e migliore livello qualitativo beneficiando tutti gli attori: produttori, fornitori di servizi e consumatori.

è un fenomeno comune nei paesi in via di sviluppo che le industrie locali di software ottengono la maggior parte delle loro entrate nel settore dei servizi, o nella realizzazione di software "ad hoc". Pertanto ogni impatto negativo che l'applicazione del progetto di legge potesse avere in questo settore sarebbe più che compensata da una crescita nella domanda di servizi (a condizione che essi siano prestati in conformità ad elevati standard di qualità). è probabile che se le imprese multinazionali produttrici di software decidessero di non competere secondo queste nuove regole del gioco soffrirebbero di una qualche diminuzione di entrate in termini di fatturato per le licenze; però considerando che queste imprese continuano a dichiarare che gran parte del software usato dallo stato è copiato illegalmente, si può desumere che questo impatto non sarebbe molto serio. Certamente in tutti i casi la loro sorte sarebbe determinata dalle leggi del mercato, che non possono essere cambiate; molte imprese associate tradizionalmente con il software proprietario hanno intrapreso un cammino deciso (supportato da copiose spese) nella direzione di fornire servizi associati al software libero, il che mostra che i modelli non sono mutualmente esclusivi.

Con questo progetto di legge lo stato sta decidendo di richiedere di preservare certi valori fondamentali. E lo decide in base al suo potere sovrano, senza toccare nessuna delle garanzie costituzionali. Se questi valori potessero essere garantiti senza dover scegliere un particolare modello economico, gli effetti della legge sarebbero ancora più benefici. In tutti i casi dovrebbe essere chiaro che lo stato non sceglie un modello economico; se capita che esista un solo modello economico capace di fornire software in grado di provvedere le garanzie base di questi principi, questo è per circostanze storiche, non per la scelta arbitraria di un modello dato.

Proseguite nella lettera: "4. Il progetto di legge impone l'uso di software a codice aperto senza considerare i pericoli che questo può sollevare dal punto di vista della sicurezza, della garanzia e della possibile violazione dei diritti di proprietà intellettuale di terze parti".

Alludendo in forma astratta ai "pericoli che può portare", senza menzionare specificamente un solo esempio di questi pericoli, denota quanto meno una scarsa conoscenza del tema. Perciò mi permetta di illustrarvi alcuni punti.

Riguardo la sicurezza:
Nei termini generali concernenti la sicurezza nazionale si è già parlato nella discussione iniziale riguardo i principi fondamentali del progetto di legge. Nei termini specifici che riguardano la sicurezza del software in sé e ben noto che il software (proprietario o libero) contiene errori di programmazione o "bug" (nel gergo informatico) nelle sue linee di codice. Però è altrettanto noto che i bug nel software libero sono meno e vengono corretti più velocemente che nel software proprietario. Non per nulla numerosi organismi pubblici responsabili della sicurezza informatica dei sistemi statali nei paesi in via di sviluppo prescrivono l'uso di software libero per le stesse condizioni di sicurezza ed efficienza.

Quello che risulta impossibile, senza una verifica pubblica e aperta della comunità scientifica e degli utenti in generale, è provare che il software proprietario sia più sicuro di quello libero. Questa verifica è impossibile proprio perché il modello del software proprietario impedisce questa analisi, cosicché ogni garanzia si basa sulle dichiarazioni di buone intenzioni (ma in tutti i casi di parte) del produttore o dei suoi incaricati.

Deve essere ricordato che, in molti casi, le condizioni di licenza includono delle clausole di "Non Divulgazione" che impediscono agli utenti di rivelare apertamente i buchi di sicurezza trovati nel prodotto proprietario licenziato.

Riguardo alla garanzia:
Come saprete perfettamente, o potrete verificare leggendo la "End User License Agreement" dei prodotti che licenziate, nella grandissima maggioranza dei casi le garanzie sono limitate alla sostituzione del supporto difettoso, e in nessun caso si prevedono compensazioni per danni diretti o indiretti, perdite di profitto, ecc. Se come conseguenza di un bug di sicurezza in qualcuno dei vostri prodotti, non corretto in tempo da voi stessi, un attaccante compromettesse sistemi cruciali dello stato, quali garanzie, riparazioni e compensazioni darebbe la vostra impresa in accordo alle condizioni di licenza? Le garanzie del software proprietario, fintanto che i programmi sono consegnati "AS IS", come lo sono adesso, senza nessuna responsabilità addizionale del fornitore rispetto alle loro funzionalità, non si differenziano in alcun modo da quelle abituali che ci sono col software libero.

Riguardo la proprietà intellettuale:
Le questioni riguardo la proprietà intellettuale stanno al di fuori di questo progetto di legge, poiché sono coperta da altre leggi specifiche. Il modello del software libero non implica in alcun modo l'ignoranza di queste leggi, ed infatti in gran parte del software libero è coperta da copyright. In realtà la sola inclusione di questa questione nelle vostre osservazioni dimostra la vostra confusione riguardo le infrastrutture legali nel quale si sviluppa il software libero. L'inclusione di proprietà intellettuale di altri che ci si attribuisce come propria non è pratica che sia stata notata nella comunità del software libero; mentre lo è stata, sfortunatamente, nel terreno del software proprietario. Valga come esempio la condanna della Microsoft da parte della Corte Commerciale di Nanterre, Francia, per tre milioni di franchi in danni e interessi, per violazione della proprietà intellettuale (pirateria, per usare lo sfortunato termine che la vostra impresa suole usare nella sua pubblicità).

Proseguite dicendo che: "5. Il progetto usa in maniera erronea i concetti del software a codice aperto, che non necessariamente implicano che il software sia libero o a costo zero, arrivando a realizzare conclusioni equivoche a proposito dei risparmi per lo Stato, senza analisi di costi e benefici che rendano valida la posizione".

Questa osservazione è sbagliata, in via di principio la gratuità e la libertà sono concetti ortogonali: c'è software proprietario a pagamento (per esempio MS Office), software proprietario gratuito (MS Internet Explorer), software libero a pagamento (le distribuzioni RedHat, SuSE, ecc. del sistema GNU/Linux), software libero gratuito (Apache, OpenOffice, Mozilla), e software che può essere sottoposto a diverse modalità di licenza (MySQL).

Di certo, il software libero non è necessariamente gratuito. Inoltre, come avrà potuto notare leggendola, il testo della proposta non afferma assolutamente che debba esserlo. La definizione inclusa nella proposta, afferma chiaramente *cosa* debba essere considerato software libero, senza alcuna menzione alla sua supposta gratuità. Sebbene si parli della possibilità di risparmiare sulle licenze di software proprietari, i principi su cui si basa la proposta fanno chiaramente riferimento alla salvaguardia dei diritti fondamentali ed alla possibilità di stimolare lo sviluppo tecnologico locale.

Se lo stato non usasse software con tali caratteristiche, verrebbe meno al rispetto dei principi repubblicani di base. Fortunatamente, il software libero comporta anche un minor costo totale; tuttavia, anche nel caso in cui (ipotesi facilmente confutabile) fosse più costoso di quello proprietario, l'esistenza di un solo strumento che implementa un qualsiasi aspetto della tecnologia dell'informazione e che sia software libero, dovrebbe indurre uno stato ad usarlo. Ciò non per obbligo di questa specifica legge, ma per via dei principi basilari elencati all'inizio che hanno origine dalla reale essenza di un legittimo stato democratico.

Continua dicendo: "6. è sbagliato pensare che il software a codice aperto sia gratuito. Le ricerche realizzate dal Gartner Group (un importante ricercatore del mercato tecnologico riconosciuto a livello mondiale) hanno segnalato che il costo di acquisizione del software (sistema operativo e applicazioni) è solo l'8% del costo totale che le imprese e le istituzioni devono assumersi come conseguenza dell'uso razionale e produttivo della tecnologia. Il restante 92% è costituito dai costi di installazione, attivazione, supporto, manutenzione, amministrazione e inoperatività".

Questa argomentazione ricalca quella già espressa nel paragrafo 5 e contraddice in parte il paragrafo 3. Per brevità, si farà riferimento ai commenti dati per quei paragrafi. Tuttavia, mi consenta di mostrarle che la sua conclusione è sbagliata: anche se, come detto dal Gartner Group, il costo del software si aggirasse attorno ad una media dell'8% del costo totale d'esercizio, ciò non negherebbe in alcun modo l'esistenza di software gratuito, ovvero software la cui licenza ha costo nullo.

In aggiunta, in questo paragrafo lei afferma correttamente che le varie componenti del servizio e le perdite dovute ad inoperosità danno luogo alla parte più grande del costo totale d'uso di un software, il che, come noterà, contraddice la sua frase riguardante il ridotto valore dei servizi espressa nel paragrafo 3. Ora, l'uso di software libero contribuisce significativamente a ridurre i costi restanti di un ciclo-vita. La riduzione dei costi d'installazione, supporto, ecc..., può essere notata in differenti settori: in primo luogo il competitivo modello di servizi offerto dal software libero, la cui assistenza e manutenzione possono essere liberamente affidate ad una serie di fornitori i quali sarebbero in competizione per qualità e costo, stipulando contratti di subappalto. Ciò è vero per installazione, attivazione, assistenza ed anche in larga parte per la manutenzione. In secondo luogo, date le caratteristiche di riproduttività del modello, la manutenzione effettuata per un'applicazione è facilmente replicabile, senza incorrere in costi eccessivi (cioè, senza pagare più di una volta per la stessa cosa), dato che le modifiche, volendo, possono entrare a far parte del proprio patrimonio culturale. In terzo luogo, gli ingenti costi causati dal software che non funziona ("Lo schermo blu della morte", codice malizioso come virus, worm e cavalli di troia, errori d'eccezione, errori di protezione generale ed atri noti problemi) sono considerevolmente ridotti usando software più stabile; è ben saputo che una delle più ammirate virtù del software libero è proprio la stabilità.

Aggiunge inoltre: "7. Uno degli argomenti a sostegno del progetto di legge è la supposta gratuità del software a sorgente aperto, confrontato con i costi del software commerciale, senza tenere in conto che esistono sconti sull'acquisto in quantità delle licenze che possono essere molto vantaggiose per lo Stato, come si è già visto in altri paesi".

Ho già mostrato che il problema non è nel costo del software, ma nei principi di libertà delle informazioni, di accessibilità e di sicurezza. Queste argomentazioni sono state sviscerate estesamente nei paragrafi precedenti, ai quali la rinvio.

D'altro canto, esistono certamente delle tipologie di licenza di massa (sebbene il software proprietario, sfortunatamente, non soddisfi i principi di base della proposta). Ma, come ha correttamente affermato nel precedente paragrafo della sua lettera, queste hanno il solo scopo di ridurre una componente pari a non più dell'8% del totale.

Aggiunge inoltre: "8. In più, l'alternativa adottata dal progetto (i) è chiaramente molto costosa per gli alti costi di transizione e (ii) pone a rischio la compatibilità e la possibilità di interoperabilità delle piattaforme informatiche all'interno dello Stato, e tra lo stato e il settore privato, per le centinaia di versioni di software a sorgente aperto che ci sono sul mercato".

Analizziamo la sua frase in due passi. La sua prima argomentazione, ovvero che la migrazione implichi spese elevate, è in realtà in favore della proposta, dato che col passar del tempo, sarà sempre più difficile migrare verso una nuova tecnologia; inoltre, allo stesso tempo i rischi nella sicurezza associati al software proprietario continuerebbero ad aumentare. In questo modo, l'uso di sistemi e formati proprietari renderebbe lo stato sempre più dipendete da fornitori specifici. Una volta stabilita una politica d'uso del software libero (che chiaramente implica alcuni costi), al contrario la migrazione da un sistema ad un altro diventerebbe molto semplice, poiché i dati vengono memorizzati in formati aperti. D'altra parte, la migrazione verso un contesto di software aperto non implica una spesa maggiore della migrazione tra due differenti contesti proprietari, ciò invalida del tutto le sue argomentazioni.

La seconda argomentazione fa riferimento a "rischi di compatibilità ed interoperabilità tra le piattaforme tecnologiche utilizzate dallo stato ed anche tra lo stato ed il settore privato". Questa frase denota una certa mancanza d'informazione circa il modo in cui il software libero viene realizzato: questo non massimizza la dipendenza da una particolare piattaforma per un utente, come accade normalmente nel mondo del software proprietario. Persino quando esistono varie distribuzioni di software libero e numerosi programmi che possono essere usati per la stessa funzione, l'interoperabilità è garantita tramite l'uso di standard aperti, come richiesto dalla proposta, oppure anche dalla possibilità di creare software interoperabile data la disponibilità del codice sorgente.

Successivamente afferma: "9. Il software a codice aperto nella maggior parte dei casi non offre i livelli di servizio adeguati né la garanzia di un fabbricante riconosciuto per fornire una maggior produttività da parte degli utenti, ciò ha fatto sì che che varie entità pubbliche siano tornate indietro nella scelta di andare verso una soluzione di software a codice aperto e ora usano software commerciale al suo posto".

Questa osservazione è priva di fondamento. Per quanto riguarda la garanzia, la sua argomentazione è stata confutata nel paragrafo 4. Per ciò che concerne i servizi di supporto, è possibile usare il software libero senza questi (proprio come accade anche per il software proprietario), ma chiunque ne abbia bisogno può ottenere il supporto in maniera separata, sia da aziende locali che da associazioni internazionali, nuovamente, proprio come accade nel caso del software proprietario.

D'altra parte, sarebbe di grande aiuto alla nostra analisi se lei potesse informarci circa i progetti di software libero *intrapresi* in istituzioni pubbliche che siano già stati abbandonati in favore di software proprietario. Siamo a conoscenza di un buon numero di casi in cui è avvenuto il contrario, ma non conosciamo alcun caso in cui sia avvenuto ciò che lei descrive.

Continua osservando: "10. Il progetto disincentiva la creatività dell'industria peruviana del software, che fattura 40 milioni di dollari all'anno, esporta 4 milioni di dollari (decimo prodotto peruviano più esportato, più che l'artigianato) ed è una fonte di impiego altamente qualificato. Con una legge che incentiva l'uso del software a codice aperto, i programmatori di software perdono i loro diritti di proprietà intellettuale e la loro principale fonte di retribuzione".

È chiaro a sufficienza che nessuno è forzato a commerciare il proprio codice come software libero. L'unica cosa da tenere a mente è che se il codice non è software libero, non può essere venduto al settore pubblico. Questo non è per nulla il mercato principale per l'industria nazionale del software. Abbiamo analizzato alcune questioni riguardanti l'influenza della proposta sulle generazioni di lavoratori che in questo modo saranno altamente qualificati ed in migliori condizioni di competizione, pertanto, mi sembra inutile continuare con questo discorso.

Ciò che segue nella sua affermazione non è corretto. Da una parte, nessun autore di software libero perde i suoi diritti circa la proprietà intellettuale, a meno che questi non voglia rilasciare il suo lavoro al pubblico dominio. Il movimento per il software libero è stato sempre rispettoso circa la proprietà intellettuale ed ha dato un ampio riconoscimento pubblico ai suoi autori. Nomi come quelli di Richard Stallman, Linus Torvalds, Guido van Rossum, Larry Wall, Miguel de Icaza, Andrew Tridgell, Theo de Raadt, Andrea Arcangeli, Bruce Perens, Darren Reed, Alan Cox, Eric Raymond e molti altri sono conosciuti in tutto il mondo per i loro contributi nello sviluppo di software che oggi è usato da milioni di persone in tutto il mondo. Dall'altra, dire che il ritorno dai diritti d'autore costituisce la maggior fonte di sostentamento per i programmatori peruviani è in ogni caso una congettura, particolarmente perché non c'è alcuna prova a sostegno di ciò, nè una dimostrazione di come l'uso del software libero da parte dello stato possa influenzare tale sostentamento.

Prosegue dicendo: "11. Il software a codice aperto, potendo essere distribuito gratuitamente, non permette nemmeno di generare introiti per i suoi sviluppatori per mezzo dell'esportazione. In questo modo, si affievolisce l'effetto moltiplicatore della vendita del software agli altri paesi e quindi l'accrescimento di questa industria, mentre al contrario le norme di un Governo devono stimolare l'industria locale".

Questa affermazione mostra ancora una volta la sua completa ignoranza circa i meccanismi ed il mercato del software libero. Cerca di dimostrare che il mercato della vendita di diritti d'uso non esclusivi (vendita di licenze) è l'unica possibile strada per l'industria del software quando lei stesso ha affermato qualche paragrafo sopra che questa non è nemmeno la più importante. La proposta offre incentivi per la crescita di una migliore schiera di professionisti qualificati e, contemporaneamente, lavorare in vasti progetti di software libero per lo stato comporterà per i tecnici peruviani un aumento d'esperienza. Tutto ciò li porterà in una posizione tale da essere altamente competitivi, tanto da poter offrire i loro servizi all'estero.

Successivamente dichiara: "12. Al Forum si è discusso dell'importanza dell'uso del software a sorgente aperto nell'educazione, senza commentare il fallimento completo di questa iniziativa in un paese come il Messico, dove proprio i funzionari statali che proposero il progetto hanno detto che il software a codice aperto non ha permesso di fornire un'esperienza di apprendimento agli alunni della scuola, mancavano gli adeguati livelli di competenza a livello nazionale quindi non è stato offerto adeguato supporto alla piattaforma e il software non mostrò e non mostra i livelli di integrazione necessari con le piattaforme che già esistono nelle scuole".

In effetti, il Messico è tornato sui suoi passi con il progetto "Red Escolar" (Rete di Scuole). Ciò è da ascriversi precisamente al fatto che gli ispiratori del progetto hanno usato come loro argomentazione principale i costi di licenza al posto delle altre ragioni specificate nel nostro, le quali sono di gran lunga più importanti. A causa di questo errore concettuale e come risultato di un mancato supporto effettivo da parte del SEP (Segretariato di stato per la Pubblica Istruzione), si è pensato che per porre in opera il software libero nelle scuole sarebbe stato sufficiente diminuire i loro fondi per l'informatica e mandar loro in cambio un cd-rom con GNU/Linux. Ovviamente, questa iniziativa è fallita e non sarebbe potuto avvenire altrimenti, così come i laboratori scolastici falliscono quando usano software proprietario e non hanno soldi per coprire le spese d'esercizio e manutenzione.

Termina poi con una domanda retorica: "13. Se il software a codice aperto soddisfa tutte le richieste delle entità dello Stato, perché è richiesta una legge per adottarlo? Non dovrebbe essere il mercato che decide liberamente quali sono i prodotti che offrono più benefici e più valore?".

Concordiamo con lei che nel settore privato dell'economia deve essere il mercato a decidere quali prodotti usare e non è ammissibile alcuna ingerenza da parte dello stato. Tuttavia, nel caso del settore pubblico, il ragionamento non è lo stesso: come si è già messo in chiaro, lo stato archivia, tratta e trasmette informazioni che non gli appartengono, ma che gli sono affidate dai cittadini che non hanno alcuna alternativa a norma di legge. Come controparte a questa richiesta legale, lo stato deve prendere misure estreme per salvaguardare l'integrità, la riservatezza e l'accessibilità di queste informazioni. L'uso di software proprietario fa nascere seri dubbi circa il raggiungimento di tali obbiettivi, manca una prova conclusiva a tale riguardo e perciò non è utilizzabile nel settore pubblico.

Il bisogno di una legge è basato in prima istanza sui principi fondamentali dichiarati in precedenza per l'area specifica del software; secondariamente, sul fatto che lo stato non è un'entità ideale ed omogenea, ma è costituito da differenti parti con un grado variabile di autonomia nel prendere una decisione. Dato che non è possibile utilizzare software proprietario, tradurre queste regole in una legge eviterà che la discrezionalità decisionale di un qualsiasi funzionario statale metta a rischio le informazioni che appartengono ai cittadini. Inoltre e soprattutto, poiché costituisce una aggiornata riaffermazione in relazione al significato della gestione e comunicazione dell'informazione attualmente usato, ciò si fonda sul principio repubblicano di trasparenza nei confronti del pubblico.

In conformità con questo universalmente accettato principio, il cittadino ha il diritto di conoscere tutte le informazioni di cui è in possesso lo stato che non siano coperte da ben fondate dichiarazioni di sicurezza consentite dalla legge. Ora, il software si occupa delle informazioni ed è esso stesso informazione. Un'informazione in una forma speciale, in grado di essere compresa dalle macchine per far eseguire azioni, ma allo stesso tempo informazione cruciale perché i cittadini hanno il leggittimo diritto di conoscere, ad esempio, come vengono trattati i loro voti, come vengono calcolate le loro tasse. Per queste ragioni, devono avere libero accesso al codice sorgente e devono poter controllare a loro piacimento i programmi utilizzati per le computazioni elettorali e per il calcolo delle tasse.

Le porgo il miei più alti rispetti e le confermo che il mio ufficio sarà sempre aperto per lei, qualora volesse esporre il suo punto di vista a qualunque livello di dettaglio lei ritenga necessario.

Cordialmente,
DR. EDGAR DAVID VILLANUEVA NUÑEZ
Deputato della Republica del Perú.

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