Risposta del Parlamentare Villanueva (Perú) a Microsoft
La lettera di Microsoft è qui.
La traduzione è di Simone Piccardi e Domenico delle Side.
Le lettere originali si trovano su http://www.pimientolinux.com/peru2ms/.
Signor
JUAN ALBERTO GONZÁLEZ
Direttore Generale di Microsoft Perú
Gentile Signore.
Anzitutto la ringrazio per la sua lettera del 25 marzo in cui
manifesta la posizione ufficiale di Microsoft rispetto al
Progetto di Legge Nº 1609, Software Libero nella
Amministrazione Pubblica, che senza dubbio è ispirata
dal desiderio che il Perú possa situarsi adeguatamente nel
contesto tecnologico globale. Animato dallo stesso spirito, e
convinto che attraverso uno scambio di idee chiaro ed aperto
possiamo trovare le migliori soluzioni, mi permetto di rispondere
tramite la presente ai commenti inclusi nella vostra lettera.
Pur riconoscendo che opinioni come le vostre costituiscono un
contributo significativo, mi sarebbe risultato molto più
utile se invece di formulare obiezioni di carattere generale (che
analizzeremo in dettaglio) aveste raccolto argomenti solidi sui
vantaggi che il software proprietario può portare allo stato
peruviano e ai suoi cittadini in generale, perché questo
avrebbe consentito uno scambio più chiarificante delle
nostre rispettive posizioni.
Allo scopo di mantenere ordinato il dibattito, assumeremo che
quello che voi chiamate "open source software" sia quello che il
progetto di legge definisce come "software libero", dato che esiste
software il cui codice sorgente è distribuito insieme al
programma, ma che non risponde alla definizione stabilita nel
progetto; e che quello che chiamate "software commerciale" sia
quello che il progetto definisce come "proprietario" o "non
libero", questo perché esiste software libero che è
venduto sul mercato ad un suo costo, come ogni altra merce o
servizio.
è inoltre necessario mettere in chiaro che lo scopo del
progetto di legge al quale ci riferiamo non è direttamente
connesso al risparmio immediato che può essere realizzato
con l'impiego del software libero nelle istituzioni statali. Questo
è in ogni caso un valore aggregato marginale, ed in nessun
modo l'obiettivo principale del progetto. I principi fondamentali
che animano il progetto si ispirano alle garanzie base di uno stato
democratico come:
- Libero accesso del cittadino alla pubblica informazione.
- Permanenza dei dati pubblici.
- Sicurezza dello Stato e dei cittadini.
Per garantire il libero accesso dei cittadino alla informazione
pubblica risulta indispensabile che la codifica dei dati non sia
legata ad un unico fornitore. L'uso di formati standard e aperti
permette di garantire questo libero accesso, se necessario
attraverso la creazione di software libero compatibile.
Per garantire la permanenza dei dati pubblici è
indispensabile che la utilizzazione ed il mantenimento del software
non dipendano dalla buona volontà del fornitore o dalle
condizioni di monopolio da esso imposte. Per questo motivo lo stato
necessita di sistema la cui evoluzione possa essere garantita
grazie alla disponibilità del codice sorgente.
Per garantire la sicurezza dello Stato o la sicurezza nazionale,
risulta indispensabile poter fare affidamento su sistemi privi di
elementi che permettono il controllo a distanza o la trasmissione
indesiderata di informazioni a terze parti. Pertanto si richiedono
sistemi il cui codice sorgente sia liberamente accessibile al
pubblico per consentirne l'esame allo Stato, ai cittadini e a un
gran numero di esperti indipendenti in tutto il mondo. La nostra
proposta porta maggiore sicurezza, perché la conoscenza del
codice sorgente eliminerà il crescente numero di programmi
con *codice spia*.
Allo stesso modo, la nostra proposta rafforza la sicurezza dei
cittadini, tanto come legittimi titolari dell'informazione gestita
dallo stato, quanto come consumatori. In quest'ultimo caso
permettendo la crescita di una estesa offerta di software libero
sprovvisto di potenziali *codici spia* suscettibile di mettere a
rischio la vita privata e le libertà individuali.
In questo senso il progetto di legge si limita a stabilire le
condizioni sotto le quali gli organismi statali acquisiranno il
software in futuro, vale a dire in un modo compatibile con la
garanzia di questi principi fondamentali.
Dalla lettura del progetto risulterà chiaro che una volta
approvata:
- la legge non proibisce la produzione di software
proprietario
- la legge non proibisce il commercio di software
proprietario
- la legge non specifica quale software concreto usare
- la legge non specifica da quale fornitore si compra il
software
- la legge non limita i termini in cui un prodotto software
può essere licenziato
Quello che il progetto di legge esprime chiaramente è che
il software, per essere accettabile dallo stato, non è
sufficiente che sia tecnicamente in grado di eseguire un lavoro, ma
che inoltre le condizioni contrattuali debbano soddisfare una serie
di requisiti in materia di licenza, senza i quali lo stato non
può garantire al cittadino una adeguata trattazione dei suoi
dati, salvaguardando la loro integrità,
confidenzialità e accessibilità nel lungo periodo,
perché questi sono gli aspetti più critici del suo
normale funzionamento.
Siamo concordi, Signor González, che le tecnologia
dell'informazione e della comunicazione hanno un impatto
significativo sulla vita dei cittadini (che sia positivo o
negativo). Saremo sicuramente altrettanto concordi che i valori
basilari che ho sottolineato prima sono fondamentali per una
nazione democratica come il Perù. Per questo saremmo molto
interessati a conoscere qualunque modalità alternativa di
garantire questi principi, che non sia il ricorrere all'impiego di
software libero nei termini definiti dal progetto di legge.
Per quanto riguarda le osservazione da voi formulate, passeremo
ora ad analizzarle in dettaglio.
In primo luogo avete sottolineato che: "Il progetto
stabilisce l'obbligatorietà per ogni organismo pubblico di
impiegare esclusivamente software libero, altrimenti detto a codice
aperto, il quale trasgredisce i principi di uguaglianza davanti
alla legge, quello di non discriminazione e i diritti della libera
iniziativa privata, la libertà dell'industria e di
contrattazione protette dalla Costituzione".
Questa affermazione costituisce un errore. In alcun modo il
progetto di legge ha effetto sui diritti da voi elencati, si limita
solamente a stabilire delle condizioni per l'impiego di software da
parte delle istituzioni statali, senza immischiarsi in alcun modo
nelle transazioni del settore privato. è un principio ben
stabilito che lo stato non usufruisce di tutto l'ampio spettro
delle libertà contrattuali del settore privato, essendo
limitato nelle sue azioni dall'obbligo della trasparenza degli atti
pubblici, ed in questo senso la salvaguardia del maggiore interesse
comune deve prevalere quando legisla sulla materia.
Il progetto protegge la uguaglianza davanti alla legge
perché nessuna persona naturale o giuridica è esclusa
dal diritto di offrire questi beni allo stato, nelle condizioni
definite nel progetto, e senza maggiori limitazioni di quelle
stabilita dalla legge dei contratti e degli acquisti dello stato
(T.U.O. per il Decreto Supremo No. 012-2001-PCM).
Il progetto di legge non introduce nessuna discriminazione,
perché stabilisce soltanto come devono essere forniti
i suddetti beni (che è un potere dello stato) e non
chi deve fornirli (che risulterebbe in effetti
discriminatorio se si imponessero restrizioni su origine nazionale,
razza, religione, ideologia, preferenze sessuali, ecc.). Ma al
contrario il progetto è decisamente antidiscriminatorio.
Questo perché il determinare senza ombra di dubbio le
condizioni di approvvigionamento di software, impedisce agli
organismi statali l'uso di programmi le cui licenze contengano
condizioni discriminatorie.
Risulta ovvio per quanto esposto nei due precedenti paragrafi
che il progetto di legge non nuoce alla libera iniziativa privata,
perché quest'ultima può sempre scegliere sotto quali
condizione produrre software; alcune di queste saranno accettabili
per lo stato, e altre no perché contraddicono la garanzia
dei principi fondamentali enumerati sopra. Questa libera iniziativa
è certamente compatibile con la libertà
dell'industria e la libertà dei contratti (nella forma
limitata in cui lo stato esercita quest'ultima). Ogni soggetto
privato può produrre software alle condizioni che lo stato
richiede, o può astenersi dal farlo. Nessuno è
forzato ad adottare un modello di produzione, ma se vuole fornire
software allo stato, deve aderire ai meccanismi che garantiscono i
principi fondamentali, che sono quelli descritti nel progetto.
Per esempio: niente nel testo del progetto di legge impedisce
alla vostra impresa di offrire agli organismi dello stato una
"suite" da ufficio, alle condizioni definite nel progetto e al
prezzo che voi considerate conveniente. Se non lo farete non
sarà per le restrizioni imposte dalla legge, ma per le
decisioni imprenditoriali relative alle modalità di
commercializzare i vostri prodotti, decisioni nelle quali lo stato
non ha nessuna partecipazione.
Per continuare segnalate che: "2. Il progetto, rendendo
obbligatorio l'uso di software a codice aperto, stabilisce un
trattamento discriminatorio e non competitivo nei contratti e nelle
forniture degli organi pubblici ..."
Questa affermazione non è che una reiterazione della
precedente, per cui la risposta è quella data sopra.
Però vorremmo soffermarci un istante sul vostro commento
riguardo il "trattamento ... non competitivo"
Certamente, nel definire un qualunque tipo di acquisto, il
compratore fissa le condizioni relative all'uso del bene o del
servizio. Fin dall'inizio questo esclude alcuni produttori dalla
possibilità di competere, ma non li esclude "a priori",
quanto in base ad una serie di principi decisi in base alla
volontà autonoma del compratore, così il processo ha
luogo in conformità alla legge. E nel progetto di legge si
stabilisce che *nessuno* resti escluso dalla competizione fintanto
che sia garantita la conformità ai principi
fondamentali.
Anzi, il progetto di legge *stimola* la concorrenza,
perché tende a generare offerta di software con migliori
condizioni di usabilità, e a ottimizzare il lavoro
esistente, in un modello di continuo miglioramento.
D'altro canto l'aspetto centrale della competitività
è l'opportunità di proporre al consumatore un maggior
numero di scelte. E adesso è impossibile disconoscere il
fatto che il marketing non giochi un ruolo neutrale quando il
prodotto è offerto sul mercato (perché dire il
contrario ci autorizzerebbe a concludere che gli investimenti delle
imprese nel marketing non hanno senso) e perciò una spesa
significativa sotto questo aspetto può influenzare le
decisioni del consumatore. Questa influenza del marketing è
in buona misura ridotta dal progetto di legge in quanto nello
schema proposto la scelta è basata sui *meriti tecnici* del
prodotto e non sullo sforzo fatto nella commercializzazione dal
produttore; in questo senso la competitività si accentua
perché anche il più piccolo produttore di software
può competere ad armi pari con la più grande
compagnia.
E necessario sottolineare che non c'è posizione
più anticompetitiva di quella dei grandi produttori di
software proprietario che abusano frequentemente della loro
posizione dominante, poiché in innumerevoli casi propongono
come soluzione ai problemi sollevati dagli utenti: "aggiornare il
software alla nuova versione" (a spese dell'utente, ovviamente);
per di più sono comuni le interruzioni arbitrarie
dell'assistenza per prodotti che, ad esclusivo giudizio del
produttore, vengono dichiarati "obsoleti"; e così, per
ricevere un qualunque grado di assistenza, l'utente è
obbligato a migrare alla nuova versione (con costi non banali,
specialmente perché spesso sono coinvolti anche cambiamenti
di piattaforme hardware). E quando l'intera infrastruttura è
basata su formati di dati proprietari, l'utente si trova
"intrappolato" nella necessità di continuare ad usare lo
stesso fornitore o di fare enormi sforzi per passare ad un altro
ambiente (anch'esso probabilmente proprietario).
Inoltre aggiungete: "3. Così, obbligando lo Stato a
favorire un modello commerciale che appoggi esclusivamente il
software a sorgente aperto, il progetto sta solo scoraggiando le
aziende di produzione locali e internazionale, quelle che
realizzano davvero gli investimenti importanti, quelle che creano
un numero significativo di posti di lavoro diretti e indiretti,
oltre a contribuire al Prodotto Interno Lordo; in contrapposizione
ad un modello di software a codice a parte che tende ad avere ogni
volta un impatto economico minore in quanto crea impiego
principalmente nei servizi".
Non sono d'accordo con quanto affermate. In parte per quello che
voi stessi segnalate nel paragrafo 6 della vostra lettera, riguardo
il peso relativo dei servizi nel contesto dell'uso del software.
Questa contraddizione, di per sé, invalida la vostra
posizione. Il modello dei servizi, adottato da un gran numero di
imprese nell'industria informatica, è molto più
significativo in termini economici e in crescita tendenziale, della
licenza di software proprietario.
D'altra parte il settore privato dell'economia ha la più
ampia libertà di scegliere il modello economico che
più conviene ai suoi interessi, anche se questa
libertà di scelta è spesso oscurata in maniera
subliminale dalle sproporzionate spese in marketing dei produttori
di software proprietario.
Per di più, dalla lettura delle vostre opinioni si
desumerebbe che il mercato statale è cruciale ed
imprescindibile per l'industria del software proprietario, a tal
punto che le condizioni che lo stato stabilisce in questo progetto
di legge eliminerebbero completamente dal mercato queste imprese.
Se fosse così ne dedurremmo che lo stato sta sovvenzionando
l'industria del software proprietario. E nel caso improbabile che
questo fosse vero, lo stato avrebbe il diritto di scegliere erogare
i sussidi all'area che considera di maggiore interesse sociale;
risulta innegabile, in questa improbabile ipotesi, che se lo stato
decidesse di sovvenzionare il software dovrebbe farlo scegliendo
quello libero rispetto al proprietario, considerando il suo effetto
sociale e l'uso razionale dei soldi dei contribuenti.
A proposito dei posti di lavoro generati dal software
proprietario in paesi come i nostri, questi riguardano
principalmente attività tecnica di valore complessivo
scarso; a livello locale i tecnici che prestano supporto a software
proprietario prodotto da imprese multinazionali non sono in
condizioni di risolvere un bug, non necessariamente per la mancanza
di capacità tecnica o talento, ma perché non
dispongono del codice sorgente da correggere. Con il software
libero si genera impiego tecnicamente molto qualificato e si genera
una infrastruttura di libera competenza dove il successo è
legato solo all'abilità di offrire buon supporto tecnico e
qualità del servizio, si stimola il mercato e si incrementa
il patrimonio comune della conoscenza, aprendo alternative per
generare servizi di maggior valore complessivo e migliore livello
qualitativo beneficiando tutti gli attori: produttori, fornitori di
servizi e consumatori.
è un fenomeno comune nei paesi in via di sviluppo che le
industrie locali di software ottengono la maggior parte delle loro
entrate nel settore dei servizi, o nella realizzazione di software
"ad hoc". Pertanto ogni impatto negativo che l'applicazione del
progetto di legge potesse avere in questo settore sarebbe
più che compensata da una crescita nella domanda di servizi
(a condizione che essi siano prestati in conformità ad
elevati standard di qualità). è probabile che se le
imprese multinazionali produttrici di software decidessero di non
competere secondo queste nuove regole del gioco soffrirebbero di
una qualche diminuzione di entrate in termini di fatturato per le
licenze; però considerando che queste imprese continuano a
dichiarare che gran parte del software usato dallo stato è
copiato illegalmente, si può desumere che questo impatto non
sarebbe molto serio. Certamente in tutti i casi la loro sorte
sarebbe determinata dalle leggi del mercato, che non possono essere
cambiate; molte imprese associate tradizionalmente con il software
proprietario hanno intrapreso un cammino deciso (supportato da
copiose spese) nella direzione di fornire servizi associati al
software libero, il che mostra che i modelli non sono mutualmente
esclusivi.
Con questo progetto di legge lo stato sta decidendo di
richiedere di preservare certi valori fondamentali. E lo decide in
base al suo potere sovrano, senza toccare nessuna delle garanzie
costituzionali. Se questi valori potessero essere garantiti senza
dover scegliere un particolare modello economico, gli effetti della
legge sarebbero ancora più benefici. In tutti i casi
dovrebbe essere chiaro che lo stato non sceglie un modello
economico; se capita che esista un solo modello economico capace di
fornire software in grado di provvedere le garanzie base di questi
principi, questo è per circostanze storiche, non per la
scelta arbitraria di un modello dato.
Proseguite nella lettera: "4. Il progetto di legge impone
l'uso di software a codice aperto senza considerare i pericoli che
questo può sollevare dal punto di vista della sicurezza,
della garanzia e della possibile violazione dei diritti di
proprietà intellettuale di terze parti".
Alludendo in forma astratta ai "pericoli che può
portare", senza menzionare specificamente un solo esempio di
questi pericoli, denota quanto meno una scarsa conoscenza del tema.
Perciò mi permetta di illustrarvi alcuni punti.
Riguardo la sicurezza:
Nei termini generali concernenti la sicurezza nazionale si
è già parlato nella discussione iniziale riguardo i
principi fondamentali del progetto di legge. Nei termini specifici
che riguardano la sicurezza del software in sé e ben noto
che il software (proprietario o libero) contiene errori di
programmazione o "bug" (nel gergo informatico) nelle sue linee di
codice. Però è altrettanto noto che i bug nel
software libero sono meno e vengono corretti più velocemente
che nel software proprietario. Non per nulla numerosi organismi
pubblici responsabili della sicurezza informatica dei sistemi
statali nei paesi in via di sviluppo prescrivono l'uso di software
libero per le stesse condizioni di sicurezza ed efficienza.
Quello che risulta impossibile, senza una verifica pubblica e
aperta della comunità scientifica e degli utenti in
generale, è provare che il software proprietario sia
più sicuro di quello libero. Questa verifica è
impossibile proprio perché il modello del software
proprietario impedisce questa analisi, cosicché ogni
garanzia si basa sulle dichiarazioni di buone intenzioni (ma in
tutti i casi di parte) del produttore o dei suoi incaricati.
Deve essere ricordato che, in molti casi, le condizioni di
licenza includono delle clausole di "Non Divulgazione" che
impediscono agli utenti di rivelare apertamente i buchi di
sicurezza trovati nel prodotto proprietario licenziato.
Riguardo alla garanzia:
Come saprete perfettamente, o potrete verificare leggendo la "End
User License Agreement" dei prodotti che licenziate, nella
grandissima maggioranza dei casi le garanzie sono limitate alla
sostituzione del supporto difettoso, e in nessun caso si prevedono
compensazioni per danni diretti o indiretti, perdite di profitto,
ecc. Se come conseguenza di un bug di sicurezza in qualcuno dei
vostri prodotti, non corretto in tempo da voi stessi, un attaccante
compromettesse sistemi cruciali dello stato, quali garanzie,
riparazioni e compensazioni darebbe la vostra impresa in accordo
alle condizioni di licenza? Le garanzie del software proprietario,
fintanto che i programmi sono consegnati "AS IS", come lo sono
adesso, senza nessuna responsabilità addizionale del
fornitore rispetto alle loro funzionalità, non si
differenziano in alcun modo da quelle abituali che ci sono col
software libero.
Riguardo la proprietà intellettuale:
Le questioni riguardo la proprietà intellettuale stanno al
di fuori di questo progetto di legge, poiché sono coperta da
altre leggi specifiche. Il modello del software libero non implica
in alcun modo l'ignoranza di queste leggi, ed infatti in gran parte
del software libero è coperta da copyright. In realtà
la sola inclusione di questa questione nelle vostre osservazioni
dimostra la vostra confusione riguardo le infrastrutture legali nel
quale si sviluppa il software libero. L'inclusione di
proprietà intellettuale di altri che ci si attribuisce come
propria non è pratica che sia stata notata nella
comunità del software libero; mentre lo è stata,
sfortunatamente, nel terreno del software proprietario. Valga come
esempio la condanna della Microsoft da parte della Corte
Commerciale di Nanterre, Francia, per tre milioni di franchi in
danni e interessi, per violazione della proprietà
intellettuale (pirateria, per usare lo sfortunato termine che la
vostra impresa suole usare nella sua pubblicità).
Proseguite dicendo che: "5. Il progetto usa in maniera
erronea i concetti del software a codice aperto, che non
necessariamente implicano che il software sia libero o a costo
zero, arrivando a realizzare conclusioni equivoche a proposito dei
risparmi per lo Stato, senza analisi di costi e benefici che
rendano valida la posizione".
Questa osservazione è sbagliata, in via di principio la
gratuità e la libertà sono concetti ortogonali:
c'è software proprietario a pagamento (per esempio MS
Office), software proprietario gratuito (MS Internet Explorer),
software libero a pagamento (le distribuzioni RedHat, SuSE, ecc.
del sistema GNU/Linux), software libero gratuito (Apache,
OpenOffice, Mozilla), e software che può essere sottoposto a
diverse modalità di licenza (MySQL).
Di certo, il software libero non è necessariamente
gratuito. Inoltre, come avrà potuto notare leggendola, il
testo della proposta non afferma assolutamente che debba esserlo.
La definizione inclusa nella proposta, afferma chiaramente *cosa*
debba essere considerato software libero, senza alcuna menzione
alla sua supposta gratuità. Sebbene si parli della
possibilità di risparmiare sulle licenze di software
proprietari, i principi su cui si basa la proposta fanno
chiaramente riferimento alla salvaguardia dei diritti fondamentali
ed alla possibilità di stimolare lo sviluppo tecnologico
locale.
Se lo stato non usasse software con tali caratteristiche,
verrebbe meno al rispetto dei principi repubblicani di base.
Fortunatamente, il software libero comporta anche un minor costo
totale; tuttavia, anche nel caso in cui (ipotesi facilmente
confutabile) fosse più costoso di quello proprietario,
l'esistenza di un solo strumento che implementa un qualsiasi
aspetto della tecnologia dell'informazione e che sia software
libero, dovrebbe indurre uno stato ad usarlo. Ciò non per
obbligo di questa specifica legge, ma per via dei principi
basilari elencati all'inizio che hanno origine dalla reale essenza
di un legittimo stato democratico.
Continua dicendo: "6. è sbagliato pensare che il
software a codice aperto sia gratuito. Le ricerche realizzate dal
Gartner Group (un importante ricercatore del mercato tecnologico
riconosciuto a livello mondiale) hanno segnalato che il costo di
acquisizione del software (sistema operativo e applicazioni)
è solo l'8% del costo totale che le imprese e le istituzioni
devono assumersi come conseguenza dell'uso razionale e produttivo
della tecnologia. Il restante 92% è costituito dai costi di
installazione, attivazione, supporto, manutenzione, amministrazione
e inoperatività".
Questa argomentazione ricalca quella già espressa nel
paragrafo 5 e contraddice in parte il paragrafo 3. Per
brevità, si farà riferimento ai commenti dati per
quei paragrafi. Tuttavia, mi consenta di mostrarle che la sua
conclusione è sbagliata: anche se, come detto dal Gartner
Group, il costo del software si aggirasse attorno ad una media
dell'8% del costo totale d'esercizio, ciò non negherebbe in
alcun modo l'esistenza di software gratuito, ovvero software la cui
licenza ha costo nullo.
In aggiunta, in questo paragrafo lei afferma correttamente che le
varie componenti del servizio e le perdite dovute ad inoperosità danno
luogo alla parte più grande del costo totale d'uso di un software, il
che, come noterà, contraddice la sua frase riguardante il ridotto
valore dei servizi espressa nel paragrafo 3. Ora, l'uso di software
libero contribuisce significativamente a ridurre i costi restanti di
un ciclo-vita. La riduzione dei costi d'installazione, supporto,
ecc..., può essere notata in differenti settori: in primo luogo il
competitivo modello di servizi offerto dal software libero, la cui
assistenza e manutenzione possono essere liberamente affidate ad una
serie di fornitori i quali sarebbero in competizione per qualità e
costo, stipulando contratti di subappalto. Ciò è vero per
installazione, attivazione, assistenza ed anche in larga parte per la
manutenzione. In secondo luogo, date le caratteristiche di
riproduttività del modello, la manutenzione effettuata per
un'applicazione è facilmente replicabile, senza incorrere in costi
eccessivi (cioè, senza pagare più di una volta per la stessa cosa),
dato che le modifiche, volendo, possono entrare a far parte del
proprio patrimonio culturale. In terzo luogo, gli ingenti costi
causati dal software che non funziona ("Lo schermo blu della morte",
codice malizioso come virus, worm e cavalli di troia, errori
d'eccezione, errori di protezione generale ed atri noti problemi) sono
considerevolmente ridotti usando software più stabile; è ben saputo
che una delle più ammirate virtù del software libero è proprio la
stabilità.
Aggiunge inoltre: "7. Uno degli argomenti a sostegno del
progetto di legge è la supposta gratuità del software
a sorgente aperto, confrontato con i costi del software
commerciale, senza tenere in conto che esistono sconti
sull'acquisto in quantità delle licenze che possono essere
molto vantaggiose per lo Stato, come si è già visto
in altri paesi".
Ho già mostrato che il problema non è nel costo del software, ma
nei principi di libertà delle informazioni, di accessibilità e di
sicurezza. Queste argomentazioni sono state sviscerate estesamente nei
paragrafi precedenti, ai quali la rinvio.
D'altro canto, esistono certamente delle tipologie di licenza di
massa (sebbene il software proprietario, sfortunatamente, non soddisfi
i principi di base della proposta). Ma, come ha correttamente
affermato nel precedente paragrafo della sua lettera, queste hanno il
solo scopo di ridurre una componente pari a non più dell'8% del
totale.
Aggiunge inoltre: "8. In più, l'alternativa adottata dal
progetto (i) è chiaramente molto costosa per gli alti costi di
transizione e (ii) pone a rischio la compatibilità e la possibilità di
interoperabilità delle piattaforme informatiche all'interno dello
Stato, e tra lo stato e il settore privato, per le centinaia di
versioni di software a sorgente aperto che ci sono sul
mercato".
Analizziamo la sua frase in due passi. La sua prima argomentazione,
ovvero che la migrazione implichi spese elevate, è in realtà in favore
della proposta, dato che col passar del tempo, sarà sempre più
difficile migrare verso una nuova tecnologia; inoltre, allo stesso
tempo i rischi nella sicurezza associati al software proprietario
continuerebbero ad aumentare. In questo modo, l'uso di sistemi e
formati proprietari renderebbe lo stato sempre più dipendete da
fornitori specifici. Una volta stabilita una politica d'uso del
software libero (che chiaramente implica alcuni costi), al contrario
la migrazione da un sistema ad un altro diventerebbe molto semplice,
poiché i dati vengono memorizzati in formati aperti. D'altra parte, la
migrazione verso un contesto di software aperto non implica una spesa
maggiore della migrazione tra due differenti contesti proprietari, ciò
invalida del tutto le sue argomentazioni.
La seconda argomentazione fa riferimento a "rischi di
compatibilità ed interoperabilità tra le piattaforme tecnologiche
utilizzate dallo stato ed anche tra lo stato ed il settore
privato". Questa frase denota una certa mancanza d'informazione
circa il modo in cui il software libero viene realizzato: questo non
massimizza la dipendenza da una particolare piattaforma per un utente,
come accade normalmente nel mondo del software proprietario. Persino
quando esistono varie distribuzioni di software libero e numerosi
programmi che possono essere usati per la stessa funzione,
l'interoperabilità è garantita tramite l'uso di standard aperti, come
richiesto dalla proposta, oppure anche dalla possibilità di creare
software interoperabile data la disponibilità del codice sorgente.
Successivamente afferma: "9. Il software a codice aperto nella
maggior parte dei casi non offre i livelli di servizio adeguati né la
garanzia di un fabbricante riconosciuto per fornire una maggior
produttività da parte degli utenti, ciò ha fatto sì che che varie
entità pubbliche siano tornate indietro nella scelta di andare verso una
soluzione di software a codice aperto e ora usano software commerciale
al suo posto".
Questa osservazione è priva di fondamento. Per quanto riguarda la
garanzia, la sua argomentazione è stata confutata nel paragrafo 4. Per
ciò che concerne i servizi di supporto, è possibile usare il software
libero senza questi (proprio come accade anche per il software
proprietario), ma chiunque ne abbia bisogno può ottenere il supporto
in maniera separata, sia da aziende locali che da associazioni
internazionali, nuovamente, proprio come accade nel caso del software
proprietario.
D'altra parte, sarebbe di grande aiuto alla nostra analisi se lei
potesse informarci circa i progetti di software libero *intrapresi* in
istituzioni pubbliche che siano già stati abbandonati in favore di
software proprietario. Siamo a conoscenza di un buon numero di casi in
cui è avvenuto il contrario, ma non conosciamo alcun caso in cui sia
avvenuto ciò che lei descrive.
Continua osservando: "10. Il progetto disincentiva la creatività
dell'industria peruviana del software, che fattura 40 milioni di
dollari all'anno, esporta 4 milioni di dollari (decimo prodotto
peruviano più esportato, più che l'artigianato) ed è una fonte di
impiego altamente qualificato. Con una legge che incentiva l'uso del
software a codice aperto, i programmatori di software perdono i loro
diritti di proprietà intellettuale e la loro principale fonte di
retribuzione".
È chiaro a sufficienza che nessuno è forzato a commerciare il
proprio codice come software libero. L'unica cosa da tenere a mente è
che se il codice non è software libero, non può essere venduto al
settore pubblico. Questo non è per nulla il mercato principale per
l'industria nazionale del software. Abbiamo analizzato alcune
questioni riguardanti l'influenza della proposta sulle generazioni di
lavoratori che in questo modo saranno altamente qualificati ed in
migliori condizioni di competizione, pertanto, mi sembra inutile
continuare con questo discorso.
Ciò che segue nella sua affermazione non è corretto. Da una parte,
nessun autore di software libero perde i suoi diritti circa la
proprietà intellettuale, a meno che questi non voglia rilasciare il
suo lavoro al pubblico dominio. Il movimento per il software libero è
stato sempre rispettoso circa la proprietà intellettuale ed ha dato un
ampio riconoscimento pubblico ai suoi autori. Nomi come quelli di
Richard Stallman, Linus Torvalds, Guido van Rossum, Larry Wall, Miguel
de Icaza, Andrew Tridgell, Theo de Raadt, Andrea Arcangeli, Bruce
Perens, Darren Reed, Alan Cox, Eric Raymond e molti altri sono
conosciuti in tutto il mondo per i loro contributi nello sviluppo di
software che oggi è usato da milioni di persone in tutto il
mondo. Dall'altra, dire che il ritorno dai diritti d'autore
costituisce la maggior fonte di sostentamento per i programmatori
peruviani è in ogni caso una congettura, particolarmente perché non
c'è alcuna prova a sostegno di ciò, nè una dimostrazione di come l'uso
del software libero da parte dello stato possa influenzare tale
sostentamento.
Prosegue dicendo: "11. Il software a codice aperto, potendo
essere distribuito gratuitamente, non permette nemmeno di generare
introiti per i suoi sviluppatori per mezzo dell'esportazione. In
questo modo, si affievolisce l'effetto moltiplicatore della vendita
del software agli altri paesi e quindi l'accrescimento di questa
industria, mentre al contrario le norme di un Governo devono stimolare
l'industria locale".
Questa affermazione mostra ancora una volta la sua completa
ignoranza circa i meccanismi ed il mercato del software libero. Cerca
di dimostrare che il mercato della vendita di diritti d'uso non
esclusivi (vendita di licenze) è l'unica possibile strada per
l'industria del software quando lei stesso ha affermato qualche
paragrafo sopra che questa non è nemmeno la più importante. La
proposta offre incentivi per la crescita di una migliore schiera di
professionisti qualificati e, contemporaneamente, lavorare in vasti
progetti di software libero per lo stato comporterà per i tecnici
peruviani un aumento d'esperienza. Tutto ciò li porterà in una
posizione tale da essere altamente competitivi, tanto da poter offrire
i loro servizi all'estero.
Successivamente dichiara: "12. Al Forum si è discusso
dell'importanza dell'uso del software a sorgente aperto
nell'educazione, senza commentare il fallimento completo di questa
iniziativa in un paese come il Messico, dove proprio i funzionari
statali che proposero il progetto hanno detto che il software a codice
aperto non ha permesso di fornire un'esperienza di apprendimento agli
alunni della scuola, mancavano gli adeguati livelli di competenza a
livello nazionale quindi non è stato offerto adeguato supporto alla
piattaforma e il software non mostrò e non mostra i livelli di
integrazione necessari con le piattaforme che già esistono nelle
scuole".
In effetti, il Messico è tornato sui suoi passi con il progetto
"Red Escolar" (Rete di Scuole). Ciò è da ascriversi precisamente al
fatto che gli ispiratori del progetto hanno usato come loro
argomentazione principale i costi di licenza al posto delle altre
ragioni specificate nel nostro, le quali sono di gran lunga più
importanti. A causa di questo errore concettuale e come risultato di
un mancato supporto effettivo da parte del SEP (Segretariato di stato
per la Pubblica Istruzione), si è pensato che per porre in opera il
software libero nelle scuole sarebbe stato sufficiente diminuire i
loro fondi per l'informatica e mandar loro in cambio un cd-rom con
GNU/Linux. Ovviamente, questa iniziativa è fallita e non sarebbe
potuto avvenire altrimenti, così come i laboratori scolastici
falliscono quando usano software proprietario e non hanno soldi per
coprire le spese d'esercizio e manutenzione.
Termina poi con una domanda retorica: "13. Se il software a
codice aperto soddisfa tutte le richieste delle entità dello Stato,
perché è richiesta una legge per adottarlo? Non dovrebbe essere il
mercato che decide liberamente quali sono i prodotti che offrono più
benefici e più valore?".
Concordiamo con lei che nel settore privato dell'economia deve
essere il mercato a decidere quali prodotti usare e non è ammissibile
alcuna ingerenza da parte dello stato. Tuttavia, nel caso del settore
pubblico, il ragionamento non è lo stesso: come si è già messo in
chiaro, lo stato archivia, tratta e trasmette informazioni che non gli
appartengono, ma che gli sono affidate dai cittadini che non hanno
alcuna alternativa a norma di legge. Come controparte a questa
richiesta legale, lo stato deve prendere misure estreme per
salvaguardare l'integrità, la riservatezza e l'accessibilità di queste
informazioni. L'uso di software proprietario fa nascere seri dubbi
circa il raggiungimento di tali obbiettivi, manca una prova conclusiva
a tale riguardo e perciò non è utilizzabile nel settore pubblico.
Il bisogno di una legge è basato in prima istanza sui principi
fondamentali dichiarati in precedenza per l'area specifica del
software; secondariamente, sul fatto che lo stato non è un'entità
ideale ed omogenea, ma è costituito da differenti parti con un grado
variabile di autonomia nel prendere una decisione. Dato che non è
possibile utilizzare software proprietario, tradurre queste regole in
una legge eviterà che la discrezionalità decisionale di un qualsiasi
funzionario statale metta a rischio le informazioni che appartengono
ai cittadini. Inoltre e soprattutto, poiché costituisce una aggiornata
riaffermazione in relazione al significato della gestione e
comunicazione dell'informazione attualmente usato, ciò si fonda sul
principio repubblicano di trasparenza nei confronti del pubblico.
In conformità con questo universalmente accettato principio, il
cittadino ha il diritto di conoscere tutte le informazioni di cui è in
possesso lo stato che non siano coperte da ben fondate dichiarazioni
di sicurezza consentite dalla legge. Ora, il software si occupa delle
informazioni ed è esso stesso informazione. Un'informazione in una
forma speciale, in grado di essere compresa dalle macchine per far
eseguire azioni, ma allo stesso tempo informazione cruciale perché i
cittadini hanno il leggittimo diritto di conoscere, ad esempio, come
vengono trattati i loro voti, come vengono calcolate le loro
tasse. Per queste ragioni, devono avere libero accesso al codice
sorgente e devono poter controllare a loro piacimento i programmi
utilizzati per le computazioni elettorali e per il calcolo delle
tasse.
Le porgo il miei più alti rispetti e le confermo che il mio ufficio
sarà sempre aperto per lei, qualora volesse esporre il suo punto di
vista a qualunque livello di dettaglio lei ritenga necessario.
Cordialmente,
DR. EDGAR DAVID VILLANUEVA NUÑEZ
Deputato della Republica del Perú.